Regia di Daniel Espinosa vedi scheda film
Un film drammatico con risvolti polizieschi ambientato nell'URSS stalinista e parzialmente ispirato alla vicenda del Mostro di Rostov. Il protagonista, Leo, è un agente della polizia politica. E' stato aiutato nella carriera dall'essere un eroe di guerra. Nonostante il ruolo gli consenta un ampio margine d'azione, non dimentica la propria umanità; per questo si trova a scontrarsi con un collega, il quale, successivamente trama per incastrarlo, segnalando la moglie quale oppositrice del regime, affinchè Leo proceda nei suoi confronti. Il protagonista rifiuta, e pertanto è degradato e trasferito in una cittadina. Parallelamente a questa vicenda, Leo appura di una sequenza di omicidi di bambini, avvenuti tutti nei pressi di stazioni ferroviarie, e, nonostante i molti tentativi di depistaggio "di stato" - nell'Unione Sovietica di quel periodo l'omicidio è ritenuto un crimine che può verificarsi esclusivamente nel "decadente" occidente capitalista - mette insieme gli elementi utili ad identificare l'assassino. Il regista cura con particolare attenzione due aspetti. Il primo riguarda la descrizione della vita nella Russia di Stalin, una nazione nella quale il dissenso è punito senza pietà; ciò interessa non solo il popolo - che certamente non vive nell'agio - ma anche chi sembra essere "dall'altra parte", ovvero poliziotti, militari ed altre categorie che lavorano a favore del sistema. Chiunque può essere una spia, e chiunque può cadere in disgrazia a causa di una delazione, vera o fittizia che sia. Il secondo aspetto riguarda l'intreccio "poliziesco". Il protagonista deve infatti scoprire l'assassino basandosi sul modus operandi, sulle località nelle quali agisce, sull'identità delle vittime. La regìa fa un buon lavoro per entrambe gli aspetti, pur non eccellendo. Il regista è infatti particolarmente insistente nel mostrare gli aspetti negativi dello stalinismo. Negazione della libertà di espressione e dello stato di diritto, retorica di regime, dispotismo della polizia, persecuzione dell'omosessualità, contrasto tra stili di vita del proletariato - che fa la fame - e personaggi funzionali al mantenimento dello status quo - che vivono nel lusso; un "martellamento" che finisce per porre in secondo piano l'intreccio "poliziesco", che soffre di alcuni buchi di sceneggiatura. Infine, si torna sempre allo stesso punto. L'assassino, scoperto, nel suo monologo finale si definisce "creatura" di quello stesso regime che ora ne vorrebbe negare l'esistenza, in quanto non ammette l'esistenza di tale crimine. Buon livello di recitazione, ma personaggi un po' stereotipati. Ho trovato molto valida ed evocativa, invece, la ricostruzione degli ambienti e dei costumi. Conclusione eccessivamente consolatoria, poco realistica, e non in linea con le argomentazioni che il regista sostiene per tutto il film. Un regime veramente spietato non avrebbe ammesso la sopravvivenza di testimoni di quanto accaduto. Il film ispira giudizi contrastanti. Valido come poliziesco - l'incertezza dell'esito tiene vive curiosità e tensione, nonostante alcune carenze nella sceneggiatura - e per la ricostruzione esteriore dell'Unione Sovietica stalinista; un po' più "indigesto" per la martellante critica ai sistemi politico e sociale della suddetta nazione.
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