Non molto tempo fa tra gli slogan utilizzati per demonizzare le storture del regime sovietico ce n’era uno che alludeva alla presunta antropofagia dei militanti comunisti, accusati di cibarsi di carne umana e in particolare di quella dei bambini. L’affermazione, ovviamente priva di alcuna verità storica, era la conseguenza dello scalpore suscitato dal caso di Andrei Chikatilo, il cosiddetto mostro di Rostov che negli anni della Perestrojka venne riconosciuto colpevole di aver ucciso più di cinquanta tra donne e bambini. A quegli avvenimenti guarda “Child 44”, per raccontare la versione romanzata dell’indagine che portò all’individuazione e alla cattura di Chikatilo da parte dell’ufficiale incaricato di seguirne il caso. Trattandosi di un prodotto hollywoodiano, il film esaspera l’ego dei caratteri, escludendo dal cast la presenza di attori autoctoni e assegnando i ruoli principali ad alcuni degli interpreti più vista e apprezzati del panorama internazionale. Una scelta che finisce per influire sugli esiti del film nei modi di cui parleremo, non prima di aver puntualizzato che “Child 44”, soffermandosi sulla progressiva presa di coscienza di Leo Demidov (Tom Hardy), eroe di guerra e ufficiale della polizia segreta che ad un certo punto si ritrova vittima del sistema di cui egli stesso era fautore, stabilisce un profondo legame - narrativo e drammaturgico- tra la mostruosità degli atti di cui si macchia lo spietato assassino e le nefandezze commesse in nome dell’ideologia comunista. Una soluzione che spinge lo spettatore all’interno di un’indagine a doppio filo che vede da una parte, il dispiegarsi del processo investigativo messo in atto per catturare l’assassino e dall’altra, l’inesorabile disvelamento dei meccanismi del potere e dell’oppressione perpetrato dagli sgherri del regime.
Per questo motivo Daniel Espinosa, nel tentativo di tenere insieme i filoni della storia, sottopone il film a una continua serie di sbilanciamenti che finiscono per slabbrarne il tessuto narrativo. A perdersi per strada sono i nessi logici, la continuità dell'intreccio come pure le psicologie dei personaggi costretti a brancolare nel buio per mancanza di motivazioni plausibili. Un marasma generale che crea contraddizioni (per esempio negli atteggiamenti di Raisa, la moglie di Leo, innamorata ad intermittenza del proprio marito), azzera la tensione (condizionata da una caccia all'uomo del tutto casuale) e spinge gli attori ad occupare ciò che manca con una caratterizzazione che risulta eccessiva e, nel caso di Hardy, completamente monocorde.
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