Regia di Tim Burton vedi scheda film
Tim Burton tiene a freno la sua furia visionaria, firmando un film – tratto da una storia vera – che, pur incappando qua e là nel registro fiabesco, ha un notevole mordente narrativo, che rende manifesta la complicità tra vittima e carnefice.
Tra la fine degli anni Cinquanta i primi anni Sessanta l'astro di Walter Keane (un Chritopher Waltz più istrionico del solito) fu uno dei più brillanti del firmamento artistico americano, corteggiato da galleristi e critici e accolto come una grande promessa nella factory Andy Warhol. Peccato che Walter Keane non conoscesse neppure la differenza tra una pittura a olio e una a tempera e che il suo enorme successo - tutto imperniato su figure fanciullesche dagli occhi sproporzionatamente grandi - dipendesse interamente dalla moglie Margaret (Adams). La donna era fuggita da un precedente matrimonio e, figlia al seguito, si era lasciata abbindolare dalle doti da imbonitore di Walter, edificando con lui, supinamente, una colossale messa in scena.
Tim Burton tiene a freno la sua furia visionaria, firmando il suo film migliore - tratto da una storia vera - che, pur incappando qua e là nel registro fiabesco, ha un notevole mordente narrativo, che mette perfettamente a fuoco la complicità tra vittima e carnefice.
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