Regia di Tim Burton vedi scheda film
Burton mette a nudo il "pittoresco" caso dei Keane
L'aggettivo più utilizzato per descrivere lo stile di Tim Burton è di certo "visionario", ma in questo caso il regista non racconta una storia "fantasy" o "dark": al contrario una vicenda realmente accaduta negli anni '50/'60, parabola della meschinità e della falsità che spesso caratterizza l'uomo. Infatti la protagonista è Margaret, una tranquilla e modesta pittrice che dopo essersi separata dal marito conosce un uomo con la sua stessa mansione, Walter Keane, dotato di buona retorica e autostima e tra i due si instaurerà in breve tempo un tenero rapporto, che culminerà nel (frettoloso) matrimonio. Mentre lei dipinge bambini dagli occhi sproporzionati, lui semplici scene di vita urbana parigina, palazzi e strade. Il talento di quest'ultimo per il marketing è talmente proficuo che la vera autrice delle opere dovrà accettare suo malgrado la frode pubblica della paternità del consorte. Margaret è una donna talentuosa e costante nella sua attività, ma anche consapevole che le sue fatiche, pur fruttando danaro, non verranno mai riconosciute come sue se non è capace di ribellarsi. Per questo è molto interessante questo personaggio: il conflitto interiore che la tormenta è capace addirittura (nella scena più bella e più burtoniana) di trasportare la sua arte e ossessione nella realtà. Tuttavia dimostrerà col tempo il suo carattere forte, la sua non passività, il desiderio di sentirsi riconosciuta "brava", ma soprattutto la sua sincerità e onestà, con sé stessa e con gli altri. Altrettanto interessante è il carattere di Walter e il suo progressivo cambiamento, che fa quasi impressione: da innocuo dongiovanni a semplice bastardo, da truffatore a pazzoide. La furbizia gli ha permesso di non mostrare l'ignoranza in materia, e per anni ha raccontato all'ignara gente il solito "specchio dell'anima" per spiegare le origini di questo strambo stile espressionista. La caratterizzazione dei due funziona nella pellicola da una parte grazie alla sceneggiatura di Alexander e Karaszewski, dall'altra grazie alla performance di Amy Adams e Christoph Waltz, entrambi perfetti nei loro ruoli, lei pacata e ingenua, lui approfittatore e "pittoresco", coi suoi scatti d'ira e atteggiamenti un pò fuori dalle righe. Tra gli altri attori troviamo Terence Stamp, un critico spietato e diretto, e Jason Schwartzman (visto in "Grand Budapest Hotel"), un selettivo proprietario di una galleria d'arte. Ritmiche le musiche di Danny Elfman, che comprendono anche la canzone di Lana del Rey "Big Eyes", candidata anche ai Golden Globe per miglior canzone originale insieme a Christoph Waltz per miglior attore. Ad uscirne vincitrice invece è stata Amy Adams. Burton, che tra l'altro possiede una collezione delle opere della protagonista, ha realizzato dunque un film efficace sotto tanti punti di vista, in grado di intrattenere e anche di far riflettere sulle false certezze di massa.
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