Regia di Tim Burton vedi scheda film
Tim Burton è tornato alla carica con un nuovo film che pur lasciando gustare solo piccoli assaggi del suo stile visionario autoironico, non delude e forse compiacerà pure chi si lamenta d'essere stanco della solita minestra...
Questa è la seconda opera biografica del regista dopo “Ed Wood” - sceneggiato dagli stessi autori, Scott Alexander e Larry Karaszewski - e racconta la vera storia della pittrice Margaret Ulbrich che dopo il fallimento del suo matrimonio, si trasferisce con sua figlia a San Francisco in cerca di lavoro. Pur essendo piena di speranze e di un talento particolare nel disegnare e dipingere volti di bambini catturandone sempre e solo le espressioni più tristi, non riesce ad emergere poiché purtroppo, l’epoca in cui vive (fine anni cinquanta) discrimina l’arte femminile senza prenderla in considerazione. Qualcosa cambia però non appena incontra Water Keane, un uomo all’apparenza onesto e sedicente artista e pittore. Si innamora di lui ed accetta di sposarlo ignara del fatto che l’uomo vuole solo sfruttare il suo talento. Le propone infatti di aiutarla a vendere i dipinti sotto il proprio nome dando gradualmente vita ad una frode che raggiunge in pochi anni dimensioni inimmaginabili. Riesce infatti a far ottenere ai dipinti della moglie un successo inaspettato che permetterà ad entrambi di arricchirsi e cambiare stile di vita. Ma il prezzo che Margaret ha pagato per tutto questo comincia a pesarle e a sembrarle troppo alto quando si rende conto che il marito si prende sempre con gioia tutti i meriti e le lodi curandosi esclusivamente del proprio ego e molto poco dei suoi sentimenti. Si sente repressa e benché vorrebbe gridare al mondo di essere lei l’autrice dei dipinti, il marito la plagia psicologicamente ed un giorno arriva perfino a minacciarla non appena si rende conto che lei è stanca di essere una marionetta nelle sue mani e che vuole uscire allo scoperto. Walter in verità forse non l’aveva mai amata, ma sposata solo per i suoi loschi fini ed interessi e la goccia che fa traboccare il vaso arriva quando Margaret scopre che lui in realtà, è solo un imbroglione che per anni aveva finto di essere un pittore e che non le aveva neppure detto di avere avuto una figlia da un precedente matrimonio. Solo quando matura la decisione di lasciarlo e chiedere il divorzio riesce a trovare la propria libertà spirituale e grazie all’amicizia e al supporto di un gruppo di testimoni di Geova, riesce a trovare anche il coraggio di rivelare al mondo la verità: è lei l’autrice dei dipinti che il marito aveva spacciato per anni per suoi! ...E come tale, pian piano si prende la sua rivincita e questa è la fase del film più interessante e significativa poiché strizza l'occhio al femminismo e alla rivalsa delle donne assai sottovalutate in tempi poco facili per loro.
Ad un certo punto della trama, le bugie di Walter appaiono allo spettatore ben più gravi della frode alla quale Margaret aveva acconsentito finché non ci si rende conto che lui, oltre ad essere un megalomane e subdolo artista, è anche fuori di testa. Indimenticabile appare infatti il suo comportamento al processo dopo che Margaret gli fa causa e lui si fa da solo da avvocato. Mostra un’altra personalità rivelando d’essere una sorta di Dottor Jekyll e Mister Hyde - solo che in questo caso non si tratta di un personaggio inventato, ma di un personaggio veramente esistito.
Mitica la scena in cui il giudice (caratterista che dona alla storia un pizzico di umorismo) chiede a Margaret e Walter di disegnare e dipingere sotto i suoi occhi per decidere chi dei due stesse mentendo e dice a Walter “si sbrighi, dica alla sua Musa che ha solo 58 minuti per dipingere" non appena nota che non è neppure capace di fare uno scarabocchio accusando di attendere l'ispirazione dalla sua musa...
Questo “Big Eyes”, potrebbe in definitiva sembrare un’opera un tantino estranea alla filmografia di Tim Burton, ma rappresenta in realtà la sintesi del poeticismo cupo e malinconico che caratterizza da sempre il suo mondo dark ed onirico, senza contare che illustra sottilmente e miratamente anche la sua ossessione verso le persone con gli occhi grandi ed il viso spesso triste delineato da espressioni spaurite da eterni fanciulli.
Ottima la caratterizzazione dei personaggi, buona la recitazione e la scelta del cast, perfetto lo script e la messa in scena anche se il ritmo è un po’ altalenante e di grande effetto e di buon impatto visivo la grafica, le scenografie, la fotografia e gli effetti speciali (impressionanti le scene in cui Margaret inizia a vedere attraverso una sorta di allucinazione, tutte le persone intorno a lei con occhi uguali a quelli che è solita dipingere e che rappresentano l’emblema della sua arte).
E per chi magari si domanda come mai Tim abbia voluto girare un film proprio su Margaret Ulbrich (che dopo aver vinto la causa continuò ad ottenere successo con la sua arte e si sposò pure per la terza volta), la spiegazione è semplice: è suo amico da molti anni e ha acquistato diversi suoi quadri…
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