Regia di Tim Burton vedi scheda film
E' un Tim Burton al "colore" quello di "Big Eyes",lungometraggio che a vent'anni da "Ed Wood" (1995) porta il cineasta americano a riconfrontarsi con il genere biopic.
Ma questa volta non si parla di registi di serie Z o di horror movie raffazzonati,ma bensi' di una storia coniugale tra "arte",dipinti e truffe sfacciate.Margaret è una giovane ingenua del Tennessee trasferitosi a San Francisco con la figlia piccola dopo aver abbandonato un marito possessivo.La donna ha delle velleita' artistiche espresse attraverso dei dipinti tra fiabesco e Kitsch,raffiguranti fanciulli dall'espressione malinconica e dagli occhi enormi.Durante una fiera domenicale conosce Walter, un espositore di quadri affetto da manie espositive che millanta un passato da artista bohemienne a Parigi.
Dall'incontro all'amore e il conseguente matrimonio il passo è breve, convolato a nozze Keane aiutato da bieche casualita' e forte ingegno mette in piedi una truffa in cui si finge autore delle opere della moglie,firmandone dunque i quadri e lanciandosi cosi' verso il successo.
Un Burton atipico dunque,che tralascia i freaks malinconici per tuffarsi in una storia dal sapore ambiguo e truffaldino,sorretto dalle interpretazioni di un inedita Amy Adams nei panni di una biondina ingenua soggiogata dal marito e dal frizzante Christopher Waltz nei panni del "pataccaro" affabulatore Keane.Burton regge dunque la storia sull'ottimo parterre attoriale che vanta anche il bravo Danny Huston,un giornalista scandalistico (nonchè narratore della storia) e un anziano critico d'arte come primo detrattore di Keane,l'incisivo e cinico Terence Stamp.
"Big Eyes" è dunque lontano dall'universo gotico degli "Edward....." o delle "spose cadavere",qui convergono infatti elementi tra commedia e grottesco, innestati in atmosfere che a tratti virano verso il fiabesco.
Burton si affida a un registro narrativo semplice e fruibile dove lo stile inconfondibile della sua regia si avverte nonostante la distanza dal genere.E' ovvio che siamo lontani dai tempi di "Edward......." o "Big Fish",Burton sembra un po aver smarrito un tratto visionario che "narrava" la storia,nonostante i rimandi all'onnipresente malinconia che respiriamo qui attraverso i quadri di Margareth,uno stile molto vicino all'universo gotico delle precedenti opere.
Nonostante queste pecche registico/scritturali che sottragono nerbo alla storia,il film mantiene dei ritmi piacevoli, è inevitabile dunque prendere le parti della "bidonata" Margaret,sfruttata dall'avido ed egocentrico Keane.
Una storia quella dei coniugi Keane "prestata" letteralmente a Burton e tramutata in un ironico e leggero dramma familiare,"Big Eyes" si lega cosi' a piu' chiavi di lettura che spaziano tra psicodramma, mera affabulazione e commedia grottesca per poi adagiarsi nei canoni cinematografici di un (ex?) regista visionario dal talento ormai stanco.
Un vero peccato perchè la resa filmica è a tratti ottima,sopratutto nella gradevole ironia che stempera l'odiosa ambizione di Keane e il suo venerato narcisismo a cui è contrapposta la sottomisione tutta al femminile dell'artista Margaret.Una bilancia che alla fine pende per la dolce Margaret e conclusasi in un aula di tribunale dove siamo sbalzati verso un registro comico dal tocco ingenuo e "arraffone",nel quale Waltz gigioneggia nei panni di avvocato di se stesso.La parte finale è forse la piu' debole del film per un ritmo che appare scontato e retorico,l'aula di tribunale diventa un oasi tra il macchiettistico e il farsesco che tenta di piacere a tutti costi volendo sottolineare la bipolarita' del personaggio di Keane.
Nonostante cio' la pellicola rimane gradevole,a tratti interessante,dipinta nella splendida fotografia retro' come testimonial di un epoca che oggi ci appare molto vintage,un qualcosa di assolutamente "inedito" nella carriera di un cineasta che ha regalato al cinema eroi emarginati e malinconici,che oggi ci dona un gustoso duetto tra marito e moglie dove piu' che il dito posiamo gli "OCCHI",possibilmente tristi e grandi......
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