Regia di Claudia Sainte-Luce vedi scheda film
I film degli esordienti meritano spesso uno sguardo indulgente, quasi un incoraggiamento a cogliere tutti gli spunti positivi della propria opera prima, per una eventuale conferma di un talento nascente, circostanza di cui il cinema non è mai ufficientemente sazio, e né tantomeno chi lo segue con una certa assiduità.
Les droles des poissons-chats (traducibile approssimativamente con “quei bizzarri pesci gatto”) è il titolo bizzarro e assolutamente fuorviante che dà i natali alla regia a Claudia Sainte-Luce, messicana trentaduenne che dimostra una certa profondità di sentimento accompagnata da un impeto ed accoramento che le impedisce di governare appieno lo sviluppo della storia.
Una vicenda intima che parla di amicizia, di solitudini vissute con imbarazzo e dolore, di malattie terminali che spingono a slanci altruistici che vanno ben al di là delle proprie capacità di gestione.
Claudia non avrà più di venticinque anni, lavora in un supermercato di una città messicana e vive sola in un garage: è addetta alla presentazione delle offerte agli acquirenti, e le colleghe se ne approfittano cercando di rifilarle sempre i prodotti più impegnativi da presentare (le salsicce da cuocere sulla griglia in luogo delle più edificanti creme viso per signora).
Una sera un improvviso attacco di appendicite la costringe ad un ricovero d'urgenza al pronto soccorso: li ha modo di conoscere e lentamente familiarizzare con la quarantacinquenne Martha, madre di quattro figli (tre femmine ed un maschietto) avuti da tre uomini diversi; e malata terminale di aids, contratta dall'ultimo consorte. Vivace e per nulla arrendevole alle pesanti cure che tuttavia la sfiancano fisicamente, la donna prende compassione per la giovane e sola Claudia, col suo viso timido e gli occhioni scuri grandi da cerbiatta impaurita, convincendola a trasferirsi sempre più spesso a casa loro.
Nasce una rapporto caloroso e profondo sia tra le due donne, sia tra Claudia ed i quattro fgli della sua nuova amica: un legame destinato a saldarsi completamente in occasione di un viaggio al mare lungo un week-end, percorso sul maggiolino giallo della bizzarra ma affiatata famiglia: un viaggio finale e risolutivo che permetterà a Martha di concludere con opportuna e prematura tempestività il suo prezioso ruolo di madre, e a Claudia di ancorarsi ad una famiglia, ai suoi valori e alle sue certezze: sentimenti di cui non ha mai potuto avvalersi fino ad ora.
E i peschi gatto, direte voi? Non ci sono: ma c'è un piccolo, comune pescetto rosso in una vaschetta con all'interno un gatto dorato (quello dei negozi cinesi) adeguatamente kitch che saluta con la manina, che accompagna quella bizzarra e talvolta comica combriccola di personaggi, anche sul portapacchi del maggiolino giallo, per preciso volere/ossessione del figlio piccolo di Martha.
Il film procede a zig-zag, come incerto se puntare sul dramma, sulla riflessione intima che accomuna due donne apparentemente così distanti caratterialmente, anagraficamente e per situazione familiare, e regala, almeno a sprazzi, qualche autentica fitta di emozione, come nel suo epilogo quando una Martha ormai già dipartita si rivolge ai suoi quattro, anzi cinque (Claudia è la sua nuova figlia a tutti gli effetti) figli, per porgere loro le ultime, necessarie, utili e molto pratiche raccomandazioni: dai volti emozionati dei giovani attori traspare una commozione che non riusciamo a pensare non abbia un fondamento di autenticità: per questo ci commuoviamo e promuoviamo con la sufficienza un film più sentito che riuscito.
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