Trama
Dopo aver perso i genitori, un giovane adolescente (Clement Metayer), per sfuggire al dolore e in attesa di una fine che non sembra mai arrivare, si lascia andare a un percorso allucinato che ne altera la visione della realtà. Tra esperienze di droga e sesso estremo e legato alla figura di una madre assente e metaforizzata (Isabella Ferrari), si avvierà verso la vita adulta e la rinascita.
Approfondimento
LA VITA OSCENA: L'AUTOBIOGRAFIA DI ALDO NOVE
Diretto da Renato De Maria e sceneggiato dal regista con Aldo Nove, La vita oscena è la trasposizione cinematografica dell'omonima autobiografia di Nove e racconta del viaggio visionario e psichedelico del giovane Andrea, un poeta adolescente rimasto solo dopo lo sgretolamento improvviso della sua famiglia (dovuto alla malattia terminale della madre e alla morte improvvisa del padre). Alla ricerca della morte come il suo poeta preferito (Georg Trakl, morto suicida), sulle ruote del suo skateboard Andrea, portato sullo schermo dal francese Clément Métayer, inizia un percorso allucinato, in cui la realtà viene deformata dalla visione drogastica e dallo sguardo sempre presente della madre, interpretata da Isabella Ferrari.
Fotografato da Daniele Ciprì e coprodotto da Riccardo Scamarcio e Isabella Ferrari, con le scenografie di Alessandra Mura e i costumi di Jessica Zambelli, La vita oscena è così descritto dal regista in occasione della partecipazione dell'opera al Festival di Venezia 2014 nella sezione Orizzonti: «Ho scelto di fare un film tratto dal libro autobiografico di Aldo Nove, perché dopo averlo letto le immagini evocate da questa storia drammatica ma incredibilmente visionaria mi hanno ossessionato quasi obbligandomi a farlo.
Sono stato attratto dalla possibilità di raccontare sul ritmo di una lingua poetica e capace di immagini spiazzianti una sorta di odissea pop. Al centro del film c'è Clément Métayer, il giovanissimo attore rivelazione a Venezia 2012 del film Qualcosa nell'aria di Olivier Assayas, che con il suo skateboard e la sua figura fragilmente adolescenziale mi hanno aiutato a trasportare la storia, avvolta nell'amore insostituibile e assoluto per la madre perduta, in un mondo visionario, deforme, onirico, colorato, vicino alla grafica del fumetto, poetico e spettacolare insieme».
Alle parole di De Maria fanno eco quelle di Aldo Nove: «La vita oscena è il mio libro più personale. Ne La vita oscena ho trattato il mio materiale biografico più incandescente con attenzione chirurgica per ogni parola, nell'ossessione di rendere narrazione ciò che non è esprimibile, all'interno di un percorso di vita che ad ogni lettura si potesse rigenerare, mettendo a fuoco il male e poi spazzandolo via con la forza d'urto del linguaggio, dell'arte. Il punto di partenza è stata l'ispirazione dell'album di Lou Reed Magic & Loss, e in particolare il verso Passa attraverso il fuoco verso la luce. Il buio spietato di un'adolescenza che, una volta perduta, ha liberato tutta la sua magia.
Paz! è il film italiano degli ultimi vent'anni che più ho amato. #L'ho visto e rivisto e ne conosco a memoria interi brani. per questo incontrare Renato De Maria è stata per me una grande emozione, ed emozionante è stata la sua idea di scrivere un film assieme! Il nostro è stato un incontro di poetiche, di sensibilità filosofiche affini. Lo abbiamo scoperto giorno dopo giorno, lavorando alla sceneggiatura de La vita oscena. Fin dall'inizio ci è stato chiaro che si trattava di trasmutare la poesia delle parole (mie) in poesia della visione (di De Maria). Al centro c'era la poesia, e un'idea di film che ha voluto essere, almeno per noi, un'ininterrotta emozione. Una scommessa che abbiamo giocato senza risparmiarci. Una sfida radicale e entusiasmante.
La sensibilità di Isabella Ferrari sul set de La vita oscena, che ha interpretato mia madre, mi ha stupito insegnandomi molte cose su quanto un'attrice possa esprimere attraverso il corpo e le parole. Ho rivisto gli sguardi e le parole di mia madre. Dalla realtà al libro, dal libro al film attraverso il corpo e le parole di Isabella Ferrari ma anche di Clement Metayer, che nel film interpreta me stesso trent'anni fa. Clement si è calato nella mia biografia, filtrata dall'immaginario filmico di Renato De Maria, con straordinaria efficacia, assorbendone tutte le sfumature e riportandole nel suo personaggio. Con Isabella e Clement ho rivissuto la mia vita, ne ho colto gli aspetti ancora latenti che l'incontro artistico con Renato De Maria ha fatto sì si sprigionassero.
Il confronto tra un film e il testo da cui il film è tratto è sempre sbilanciato. Come se una sorta di apparente precarietà delle immagini, dello loro dinamiche di fruizione, ponessero, quasi meccanicamente, il film un gradino sotto il libro. In realtà si tratta di linguaggi diversi e, si direbbe in filosofia del linguaggio, "incommensurabili". Certo di fronte a questo film provo una grande gioia. La fedeltà ai miei intenti originari, quelli che mi hanno spinto a scrivere il romanzo La vita oscena, è assoluta, illuminante. Non è facile (ri)vedersi sul grande schermo, e proprio nei momenti più delicati della vita. Ma questo film lo fa con inaudita grazia. E "grazia" mi sembra la parola chiave della difficile alchimia che, in questo film di Renato De Maria, ha trasfuso il dolore in musica della visione».
Note
Un film tratto da un romanzo di Aldo Nove, uno scrittore che si sarebbe ritenuto infilmabile, per la sua capacità di fare poesia con la prosa, di usare il linguaggio non come uno strumento ma come la cosa in sé. Un film che esce a quasi un anno dalla prima a Venezia 2014, che ha patito problemi distribuitivi, e non si capisce bene perché, con tutta la fuffa che è uscita nel frattempo; o meglio si capisce fin troppo bene: perché è un film poco narrativo, visivamente e acusticamente sperimentale, dove Daniele Ciprì, Jacopo Quadri e DeProducers sono liberi di dare il loro meglio.
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