Regia di Michael Powell, Emeric Pressburger vedi scheda film
Dopo un prologo fra le stelle, una prima scena di teso e disperato romanticismo: un pilota della RAF pronuncia le sue ultime parole al microfono di una marconista, prima di buttarsi senza paracadute dall’aereo in fiamme dopo una missione. Il resto si muove in delicato equilibrio su un filo, prestandosi a due letture: può essere una commedia fantastica stile Il cielo può attendere, con un morto che si trova sulle soglie della sua nuova vita, oppure la storia di un uomo miracolosamente scampato alla morte e preda di allucinazioni; la didascalia iniziale parla di due mondi, quello reale e quello che esiste solo nella mente del protagonista, ma in fondo non è detto che questi due mondi non possano coesistere. L’unica cosa certa è che nel frattempo quel pilota si è innamorato di quella marconista conosciuta per caso, in circostanze drammatiche, e non avrebbe nessuna voglia di lasciarla: bisogna convincere gli emissari celesti ad accordargli una proroga oppure bisogna solo curare la sua mente disturbata? Il lungo finale processuale, purtroppo, non mantiene l’ambiguità: si sposta tutto sul primo versante, si perde in bonari siparietti sulla rivalità fra inglesi e americani (molto ben rappresentati da David Niven e Kim Hunter) e si risolve banalmente ricorrendo al mito di Alcesti (il sacrificio della donna, che comunque viene graziata). Però è un film liberatorio, che sembra voler mettere una pietra sopra la tragedia storica appena conclusa regalando uno sguardo di serenità ai tanti che vi avevano perso la vita (la vicenda, non a caso, è ambientata negli ultimi giorni di guerra). E la confezione, come di consueto per Powell e Pressburger, è smagliante.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta