Regia di Michael Powell, Emeric Pressburger vedi scheda film
Con Scala al Paradiso siamo di fronte al primo dei film imprescindibili e assolutamente da vedere della coppia Powell & Pressburger, un capolavoro altamente inventivo, pieno zeppo di trovate, assurdo e meraviglioso.
Alla fine del secondo conflitto mondiale, il capitano Peter Carter, di ritorno da un'azione di bombardamento, col velivolo danneggiato e il paracadute fuori uso, stabilisce un contatto radio coll'operatrice americana June, annunciandole che per lui non ci sono più speranze e che preferisce gettarsi nel vuoto piuttosto che finire arrostito nel suo aereoplano. La donna, colpita dalla determinazione dell'uomo, si commuove e i due, in quel breve scambio telefonico davanti alla morte, si innamorano. Peter si butta, ma miracolosamente si salva, ritrovandosi su una spiaggia soltanto con un certo mal di testa, e, sempre come per miracolo, proprio lì ritrova June. C'è però stato uno sbaglio: l'incaricato che doveva portarlo nell'altro mondo l'ha mancato per via della nebbia inglese e ora per Peter è tempo di lasciare questa vita. L'uomo reagisce, non ritenendolo giusto, perché le condizioni non sono più quelle di partenza, ora c'è June e l'amore che prova per lei. Otterrà la possibilità di appellarsi al tribunale dell'aldilà, mentre nel frattempo, sulla terra, viene seguito da un dottore per i suoi disturbi alla testa che lo porteranno a sottoporsi a un difficile intervento chirurgico proprio quando, nell'altro mondo, si sta svolgendo il processo.
Il film nasce su suggerimento del governo inglese che voleva promuovere, così come avvenuto anche per Un racconto di Canterbury, le relazioni tra Inglesi e Americani che si erano deteriorate alla fine del conflitto colla presenza di numerosi soldati americani su suolo britannico, ma si rivela un fantasioso apologo sull'amore e i sentimenti, in cui la componente romantica domina su quella politica, tra l'altro stemperata dal tipico humour inglese, in cui l'assunto principale è che «a single tear shed for love might stop heaven in its track», una lacrima di amante raccolta su un fiore che è prova della verità dell'amore tra i due protagonisti, sbocciato, all'inizio, in una sequenza alternata che fa già commuovere dopo appena dieci minuti dall'inizio del film, bello e prezioso anche per la parte più tecnica, con un'alternanza di colore e bianco e nero (originalmente girato in tachnicolor e per questo perlaceo) invertita rispetto al precedente del Mago di Oz. Qui è l'aldilà, per altro mai inteso come paradiso e che può semplicemente essere frutto della mente del protagonista, ad avere l'asetticità ascetica del bianco e nero (tant'è che il divertentissimo messaggero celestiale, un aristocratico francese vittima della Rivoluzione, giunto sulla terra, può esclamare: «one is sterved for Technicolor up there!), mentre la terra sprigiona tutta la sua immensa varietà di colori.
Altre trovate importanti sono la famosa scala che ad un certo punto congiunge i due mondi, a cui si riferisce il titolo nella versione americana (Stairway to Heaven) e italiana; l'operazione chirurgica vista in soggettiva dal punto di vista dell'occhio di Niven che si chiude; e il fatto che il tempo si fermi, come nella scena del ping pong, quando compare il messaggero dell'aldilà.
Un capolavoro fantastico per forma e contenuti, sorretto da un'ottima prova d'attori, che la rivista Total Film nel 2004 ha inserito al secondo posto dei migliori film britannici dopo solo Carter, benché all'uscita i critici inglesi non fossero troppo contenti del messaggio del film che ritenevano troppo pro-americano.
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