Regia di Robert Siodmak vedi scheda film
La lunga strada percorsa dal cinema è segnata da numerose pietre miliari. “La scala a chiocciola” ne rappresenta una. Questo titolo me lo sono portato nella memoria per oltre 60 anni e, per quanto mi fossi dimenticato la trama, per tutto questo periodo mi ha ossessionato per l’impatto che ne ebbi allora, adolescente, seduto col torace rigido, piegato in avanti, le mani artigliate ai braccioli della poltrona, il respiro superficiale e frequente, terrorizzato da quell’occhio, come si vede.
sulla prua delle navi fenicie, che ti fissava perfido, diabolico, cattivo e si ingrandiva gradualmente sino a perdersi nell’iride. Al rientro a casa salii le scale del condominio al buio, con le spalle struscianti contro il muro, in pieno furore adrenalinico, gli occhi spalancati e guizzanti freneticamente da destra a sinistra sino ad arrivare alla salvifica porta di casa (3° piano). Ricordi, emozioni, sensazioni ancora oggi vivide di un adolescente.
Siodmack crea un’opera di grande spessore, cupa, drammaticamente angosciante, che riecheggia il cinema e l’arte pittorica tedesca della prima metà del XX secolo, lineare, con un ritmo rapido in cui le scene si inseriscono nel tessuto della trama come tessere di un puzzle. Tiene in grande cura sia l’ambiente esterno, martoriato da una tempesta, misterioso, carico di scricchiolii terrorizzanti bene avvertibili fra lo scrosciare dell’acqua ed il rumore dei tuoni, sia l’ambiente interno, casa Warren, dai vasti saloni a volte colmi di un silenzio assordante a volte zona di odio e litigi, dai rumori inconsueti e per questo allarmanti. E la cantina, strutturata quasi apposta per essere la sede naturale di nefandeze, con quella scala a chiocciola, sempre illuminata da candele portate a mano, su cui si maturerà la tragedia finale. Anche fuori dalla casa, nel Village Hotel, il regista indugia nel descrivere il terzo strangolamento, con scene di grande suspense e in contrasto con la descrizione puntuale della sala cinematografica, ove s’incontra la giovane donna oggetto di attenzione da parte dello psicopatico bipolare (non esisteva allora il termine serial killer), con l’operatore che gira freneticamente la manovella del proiettore e la segaligna signorina che accompagna al piano la proiezione del film muto “Il bacio”. La macchina da ripresa coglie momenti ed inquadrature spettacolarmente straordinarie, di grande impatto visivo e con tecnica innovativa. Anche i protagonisti, tutti, sono ottimamente caratterizzati: Mrs Warren, vecchia e malandata, dal carattere di ferro, un cerbero nei confronti di tutti gli abitanti della magione, ma tenera, affettuosa, altruista verso la bella, dolce, caritatevole e muta Helen,(già vittima di un grave stress responsabile della perdita della parola), innamorata e ricambiata dal Dott. Parry, professionalmente capace, ma con rapporti difficili con il più anziano medico del villaggio, i fratellastri, caratterialmente deboli, che si odiano profondamente, il professor Warren e Steve Warren, il primo serio e compassato, l’altro bugiardo, sornione, vitellone che se la intende con la segretaria del Professore, Blance. L’opera, tratta da “Some must watch” di Ethel Lina White, non avrebbe raggiunto quel successo senza l’eccezionale, spettacolare apporto fotografico di Nicholas Musuraca che ha saputo utilizzare il b/n, con prodigiose scene dalla particolare ed efficace luminosità ma anche dalla oscurità in ambienti malsanamente tenebrosi. Buona la musica di Roy Webb. Splendida la scenografia che ricostruisce, quasi dipinge, l’ambiente tipico di una abitazione signorile del New England all’inizio del ‘900.
A questo punto possono interessare gli stimoli che la visione del film mi ha ridestato, dopo così tanto tempo dalla prima volta. Nonostante siano stati prodotti successivamente thriller di grande successo (pensiamo almeno a Hitckcock), tutti costruiti in maniera diversa, alcuni più rispondenti ai tempi che stiamo vivendo, la “Scala a chiocciola” mi ha mantenuto quasi invariato il senso di suspense e di matematica costruzione narrativa, senza essere però più così terrorizzante come quando la vidi per la prima volta. Ma sono convinto che, se a vederlo ci va un ragazzo, l’effetto perdurerà invariato: l’opera non è molto invecchiata e mantiene tutta la sua dimensione di thriller di qualità. Voto 9
Di appropriato sostegno
nulla
Straordinario creatore di opere di qualità
Una Helen straordinariamente credibile
Buono nella parte del Prf, Warre
Una grande attrice, una interpretazione superlativa
Abbastanza bravo come Dott. Parry
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