Regia di Camille Delamarre vedi scheda film
Brick Mansions è la Banlieue 13 yankee.
Ogni città ha il suo lurido ghetto.
Quartieri popolari malfamati e fatiscenti.
Terra di nessuno, abbandonata a se stessa,
dove spadroneggiano delinquenti criminali di ogni sorta, dove il traffico di armi e di droga
rappresenta la principale ed unica attività locale e la sola fonte certa di guadagno.
Dove per sopravvivere devi sporcarti le mani, piegarti alle prepotenze del più forte,
andare in giro armato fino ai denti.
Non fare domande, non dare nell’occhio, non creare problemi.
Adeguarsi alle regole di chi comanda. Che è la stessa persona che ti dà da mangiare.
Chi si ribella può considerarsi un uomo morto.
Questa l'idea alla base del film, remake del cult francese Banlieue 13 (2004).
Lo script, firmato da Luc Besson -anche coautore e produttore della pellicola d’oltralpe- non ha ricalcato ciecamente e stancamente la sceneggiatura originale ma ha saputo adeguarsi (bene) alle esigenze commerciali hollywoodiane e alle ‘virtù’ degli attori chiamati all’appello, apportando qua e là piccole ma sostanziali variazioni sul tema (e mantenendo alcuni momenti identici, come l’allenamento degli addominali a testa in giù) che nel complesso hanno giovato all’intera operazione.
Assolutamente apprezzabile la scelta (doverosa) di richiamare nel cast -nello stesso ruolo- il protagonista del film francese, il cintura nera di kung fu e stuntman David Belle, inventore di una nuova disciplina sportiva estrema, il parkour, che in Banlieue 13 ci veniva presentata in tutto il suo sorprendente e spettacolare splendore.
Il parkour è la miracolosa arte di superare ogni tipo di barriera architettonica metropolitana con la maggior efficienza di movimento possibile adattando il corpo all’ambiente circostante.
Di sfruttare i possibili ostacoli come un trampolino di lancio per spostarsi -a mò di pallina da ping pong o cartone animato- da un posto (un palazzo, un tetto, una rampa di scale) ad un altro, in gergo “tracciare un percorso”, utilizzando solo ed esclusivamente l’agilità del corpo: braccia, mani, piedi, gambe, ginocchia impegnati ad aggrapparsi a ciò che rientra nel proprio raggio visivo, e proseguire in avanti.
Una sbarra, un muro, una finestra, per poi lanciarsi e atterrare altrove.
E così di nuovo, e ancora.
(Magnifico!)
“Per capire cosa è il parkour si deve pensare alla differenza che c'è tra quello che è utile e quello che non è utile in eventuali situazioni di emergenza. Solo allora potrai capire ciò che è parkour e ciò che non lo è” (David Belle)
Accanto a Belle, che intanto sfoggia un diverso taglio di capelli (corto) e forse qualche tatuaggio in più, ma che a muscoli e fluidità di movimenti resta praticamente lo stesso, troviamo il perfetto partner-action man yankee, il compianto Paul Walker (qui al suo ultimo film) anche stavolta nel ruolo consolidato (oramai va a memoria) del poliziotto infiltrato che, come zio Sam impone, è assetato di vendetta e giustizia per aver perso il padre, anch’egli poliziotto, morto assassinato proprio dal boss del ghetto Brick Mansions, vergogna della città di Detroit.
Il cui sindaco, un simil Renzi d’oltreoceano, intende bonificare.
Radendolo al suolo.
Nel film, Paul Walker e David Belle si dividono equamente la scena.
Senza protagonismi inutili e pretese da prima donna.
A ciascuno il proprio elemento, affinché brillino i loro punti di forza e ne vengano smussate le debolezze.
Al primo le corse spericolate al volante (dopo 5 Fast and Furious...) e le mazzate all’americana, dove spunta un omaggio al recente Jimmy Bobo-Bullet to the head di Walter Hill,
al secondo la flessuosità del corpo, l’abilità tecnica. E le mazzate, ma alla maniera francese, cioè artistiche (un volteggio ed un pugno, un salto mortale e una mattonata sulla testa).....
Il cattivo della situazione è il rapper-attore-regista RZA, ben caratterizzato: vestito da gangster, è uno spietato tirchio (o forse dà solo il giusto peso al denaro) mammone che si dà arie da masterchef.
Ma come copione made in USA insegna, in realtà è un ex soldato con una propria solida morale datosi al traffico delle armi e allo spaccio degli stupefacenti.
I suoi tirapiedi sono tutti degli scimmioni senza cervello.
Non manca il gentil sesso (ingrediente piccante): la buona ma risoluta e impavida, e la sadica sprovvista di codice d’onore.
Le quali saranno protagoniste di uno scontro tutto al femminile, giusto per trovarsi al passo coi tempi (ricordiamo la lotta libera tra le 2 donne nell’ultimo Mission: Impossible IV- Protocollo fantasma).
Brick Mansions, come il suo originale, punta sull’azione adrenalinica coreografata, sui corpi a corpo simili a danze tribali,
sulla meraviglia acrobatica del parkour.
Opera compatta e robusta non immune da momenti edificanti, marchio di fabbrica degli action movie a stelle e strisce fedeli agli standard del genere.
Non esente da venature ironiche, regala una visione godibilissima e rilassante.
La direzione risente, tuttavia, dello stile (artefatto) videoclipparo, che se da un lato enfatizza le tiratissime sequenze, dall’altro ne compromette l’autenticità. E nel caso di David Belle, si rivela superflua e un filo irritante; in fondo, basta stargli addosso con una telecamera (come nella pellicola del 2004) perché, tanto, fa tutto lui.
Resta comunque una gioia per gli occhi e un piacevole svago per la mente.
Aggiudicato!
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