Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Nel 1972, in una Milano sconvolta da violenze di matrice politica, Maria Grazia, una ragazza sedicenne appartenente alla borghesia è trovata morta, causa strangolamento, in un fosso. Bizanti (Gian Maria Volontè), redattore-capo della testata "Il Giornale" - all'epoca ancora un nome di fantasia - la cui sede è di frequente bersaglio di manifestanti di sinistra, su impulso dell'editore, muove le sue pedine per controllare le attività d'indagine. Carpendo informazioni ad una professoressa, ha la possibilità d'incastrare il suo amante, un attivista di estrema sinistra che frequentava anche Maria Grazia, potendo così screditare l'area politica di provenienza del ragazzo. Nonostante un impianto tipico di film poliziesco - un efferato omicidio, indizi che attirano i sospetti su un soggetto specifico, una indagine malamente condotta, una soluzione diversa da quella ipotizzata - il regista Marco Bellocchio ha il precipuo interesse di dimostrare l'influenza di una certa stampa, in questo caso asservita ad una specifica parte sociale e politica, nell'indirizzamento dell'opinione pubblica. Bizanti è un personaggio spregiudicato e spregevole, consapevole di ciò, pronto ad assecodare fattivamente la volontà del finanziatore. Per far ciò, conduce un'indagine personale che porta all'incriminazione di Mario Boni, compagno occasionale della vittima e presente sul luogo del delitto fino a poco prima dell'evento. Inizialmente, se l'uomo sia colpevole oppure no, non è un suo problema. A lui è stato sufficiente aver screditato la fazione politica cui Boni appartiene; arriva ad aggredire verbalmente, tacciandola di credulità e stupidità, la moglie, la quale, vedendolo in televisione, ne loda le capacità e la dedizione al lavoro. Accertare la verità è un compito che si assume il giovane giornalista Lauri, inizialmente incaricato di seguire il caso per la testata in esame. La cosa non gli porta che sfortuna; è licenziato dal suo redattore-capo, che trova conferma dell'identità del vero colpevole e tiene la notizia per sè e per il proprio editore, lasciando che un innocente, già "condannato" sulle prime pagine del suo gionale, patisca la detenzione preventiva. Ho apprezzato il livello della recitazione; oltre allo scaltro ed infido Bizanti, i personaggi principali hanno un'espressività molto "sopra le righe". Appaiono inquieti, tormentati, confusi, quasi grotteschi nelle loro esternazioni. Il ritmo del film è sostenuto; la soluzione del caso poliziesco giunge, nelle ultime sequenze, quasi inaspettata e dà l'occasione per raccontare un incisivo epilogo in linea con la tematica principale del film. Evocativa, infine, l'ambientazione, una città di Milano lacerata da conflitti di classe e disordini politici, controllata con molta difficoltà da forze dell'ordine inutilmente violente ed asservite ai "poteri forti". Buon film, racconta con vivacità un preciso periodo storico e lancia un monito sullo strapotere e la capacità dei media di "abusare" della loro funzione.
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