Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Fin dal suo esordio Marco Bellocchio ha composto pellicole potenti e questo suo quarto lungometraggio non è da meno. La sua esplorazione nell’intricato rapporto a tre tra politica, polizia e giornalisti è il ritratto dell’Italia di quegli anni, scossa dai disordini sessantottini che sembrano ancora agitare gli animi politici di giovani teste calde.
Giancarlo Bizanti, interpretato in modo magistrale da Gian Maria Volonté, è il direttore de Il Giornale, quotidiano borghese di destra, che vede nell’omicidio di una giovane donna, la possibilità di strumentalizzare il delitto per scopi politici: condannare un militante di sinistra per screditare gli ambienti politici dei rivali. E’ chiaro fin da subito che è il giornale stesso a manipolare le indagini e le varie prove che man mano vengono fuori per condurre le conclusioni nel verso opportuno.
Bellocchio utilizza un ritmo serrato e incessante che perdura per tutta la lunghezza della pellicola, avvolgendo lo spettatore in un vortice di eventi, in un susseguirsi di fatti mai contingenti che convogliano i protagonisti in un baratro già destinato.
Il fatto di cronaca, che resta sempre sullo sfondo, è utilizzato dal regista solo come strumento necessario a spiegare il modo in cui i fatti vengono manovrati per favorire la politica e quanto la polizia è corrotta e impotente.
Nonostante la corruzione viaggi senza limiti di decenza, il filo di congiunzione tra corrotti, corruttori, tra vittime e carnefici sono gli ideali che li animano in un modo passionale e lontano da ciò che nel nostro mondo sarebbe inconcepibile ma che, se contestualizzato all’epoca dei fatti, permette di avere un quadro chiaro della situazione narrata.
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