Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Visto quarant'anni dopo, Sbatti il mostro in prima pagina fa davvero impressione: esordisce con un comizio di Ignazio La Russa, che qualche decennio più tardi sarebbe diventato Ministro della Repubblica, e si impernia sulla collusione tra potere politico e Il giornale. Avete capito bene: non un giornale, ma Il giornale. Il film-teorema del militante Bellocchio - che ha ereditato il testimone della regia dopo l'abbandono di Sergio Donati per divergenze col protagonista - scoperchia gli abusi del potere partendo da un ordinario fatto di cronaca: una ragazza viene trovata morta nella periferia milanese. Un giornalista senza scrupoli (Volontè), che ha amicizie importanti a Palazzo, coglie al volo l'occasione per creare "il mostro" ad arte, un ragazzo della sinistra extraparlamentare del tutto estraneo ai fatti che viene incriminato grazie alla testimonianza - ottenuta con un raggiro - di una povera zitella (una strepitosa Laura Betti).
La storia d'Italia rimane immobile, la strategia della tensione sembra non aver mai fine e il coraggio di affrontare tematiche scomode come questa facendo nomi e cognomi non ce l'ha più nessuno. Tanto di cappello, dunque, a Bellocchio, che pur inciampando in qualche schematismo e macchiettiamo di troppo e in un'agnizione banalizzata, firma una lezione politologica su come funzionano le stanze del potere.
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