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Sbatti il mostro in prima pagina

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Sbatti il mostro in prima pagina

di hallorann
10 stelle

Marco Bellocchio, 70 anni lunedì, è uno dei nostri migliori autori. Fin da I PUGNI IN TASCA del 1965 e ai recentissimi L'ORA DI RELIGIONE e VINCERE  non lascia mai indifferenti, sorprende e stupisce sempre per freschezza e profondità di pensiero, la sua vis polemica inquieta e mai accomodante non ha mai dato segni di decadenza. Anche nel controverso periodo “Fagioliano” dal nome dello psicanalista Massimo Fagioli che gli scrisse i dialoghi criptici e anticinematografici di alcuni film realizzati tra la fine degli anni ’80 e i primi novanta. Nel 1972 abbandonò per un attimo le pesanti bordate contro la famiglia (I PUGNI IN TASCA), la politica provinciale (LA CINA E’ VICINA) e il mondo ecclesiastico (NEL NOME DEL PADRE), per girare SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA, un film politico ispirato dalle vicende Pinelli e Valpreda e scritto da terzi: Sergio Donati e soprattutto dal critico Goffredo Fofi, allora militante di sinistra duro e puro. Milano 1972, le piazze pullulano di comizi (riprese dal vero tra cui uno del M.S.I. con un giovanissimo La Russa), di manifestazioni operaie e studentesche, in una di queste avvengono scontri con la polizia, alcuni manifestanti prendono di mira la sede de IL GIORNALE, quotidiano reazionario che strumentalizza l’accaduto per attaccare la sinistra. Intanto nella periferia della città viene ritrovato il cadavere di una ragazza della Milano bene, tra gli accusati dell’omicidio c’è Mario Boni, un extraparlamentare di sinistra fidanzato della vittima. Il cinico redattore capo de IL GIORNALE Bizanti sostenuto dall’editore del quotidiano monta una feroce campagna contro il giovane e il suo gruppo di appartenenza politica. Il cronista Roveda viene incaricato di occuparsi della vicenda pressato da Bizanti che, a sua volta, costringe con l’inganno Zigaina, un’amica di Boni a testimoniare contro di lui. Roveda disobbedisce alla linea imposta dal suo capo e viene costretto a lasciare il caso. Indagando per conto proprio scopre il vero assassino, ma il solito Bizanti farà di tutto per insabbiare la verità. Di SBATTI IL MOSTRO… si può fare una lettura a vari livelli, parla di giornalismo-spazzatura che fabbrica notizie false e tendenziose, dai titoli sensazionali e gonfiati, è profetico nella scelta del titolo del quotidiano che anticipò di due anni IL GIORNALE (NUOVO) di Indro Montanelli (in questo film però ricorda soprattutto la gestione spregiudicata di Feltri). Nel film si respira l’aria plumbea e fortemente politicizzata di quegli anni, il personaggio del redattore-capo ne è la sintesi perché nel suo agire senza scrupoli, nella sua doppiezza (significativa la scena in cui rimprovera la moglie di essere “peggio di quei fessi che leggono IL GIORNALE come se fosse il Vangelo” e non capisce “la differenza tra ciò che si pensa e ciò che si dice”) c’è tutta un’epoca, le lezioni di giornalismo all’inesperto Roveda rappresentano la manipolazione passata, presente e futura dei media a proprio piacimento. La mentalità borghese di origine e stampo fascista è riassunta da alcune frasi pronunciate dall’editore: “Il compito della polizia è reprimere, la magistratura condannare, i giornali persuadere la gente a pensarla come vogliamo noi”. Ahinoi, sembra che non sia cambiato gran che da allora. La pellicola si avvalse di due importanti interpretazioni: Gianmaria Volontè, maniacale e perfezionista, attore simbolo del cinema impegnato e Laura Betti, attrice di temperamento e di inarrivabile bravura, musa del cinema d’autore italiano. Bellocchio e Fofi furono accusati di aver calcato troppo la mano, di aver fatto un film estremista, oggi invece appare come un eccezionale documento su quegli anni così carichi di odio e di tensioni politiche mai del tutto assopite.

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