Regia di Michael Bay vedi scheda film
"Scavando tra i rifiuti si può trovare un tesoro”
Oltre la patina kitsch, marchio di fabbrica dell’operato da Director (con la d maiuscola) dell’eterno ragazzone Michael-sputa fuoco alla prima occasione-Bay…
oltre il muro del suono che tramortisce chiunque venga colto dalla scellerata o fantastica, certamente rischiosa, idea di sondarne direttamente in sala la potenza in decibel che furoreggia nei suoi film(etti) o film(oni) dallo stratosferico budget…
oltre l’esagerata baracconata delle sue strabilianti eppure urtanti irritanti imbarazzanti indecenti improponibili opere(tte) in celluloide, che mettono in stand by il cervello per concentrarsi (nelle intenzioni) sulle emozioni, la carica empatica, il divertimento sfrenato (???)…
oltre i soliti, sempre uguali, iperabusati ingredienti, tant’è che oramai si va a memoria…
--ma è pur vero che i ‘grandi autori’ fanno sempre lo stesso film--
oltre il diluvio di immagini, in alta definizione (per carità), ad inondare i nostri occhi così poco allenati a sostenere una tal portata di informazioni visive che viaggiano sullo schermo alla velocità della luce e perciò incapaci/inadatti a registrarle e metabolizzarle al fine di esprimere poi un giudizio che sia tale e non si riduca ai soliti bassi sfoghi triviali…
oltre l’irruenza allettante ridondante roboante pirotecnica sfiancante di una giostra impazzita, su cui Mr.Bay ci invita a fare un giro per non mollarci più…
oltre l’eccesso che non conosce misura e quel buonismo da orticaria senza vergogna…
--c’è pure spazio per una veloce autocritica e per buttar lì un paio di riferimenti cinefili (ma giusto un paio)--
oltre il sentimento patriottico tutto concentrato in un francobollo di bandiera, che aleggia senza ritegno in un numero veramente troppo alto di inquadrature per pensare ad una semplice, fortuita casualità (non si salva nemmeno la federa di un cuscino)…
oltre… cosa avvistiamo oltre?
Ebbene, terra si grida al di là dell’impetuoso mare di balocchi avvenieristici dell’ultima fatica di nostro signore del fracasso. Qualcosa all’orizzonte c’è.
“Quando una camicia non va d’accordo con te, toglila e strappala”.
Vecchio detto popolare di cui gli sceneggiatori di questo Transformers 4 hanno evidentemente fatto tesoro, traslandolo al clima di crisi globale, e soprattutto occidentale, che sta attraversando la nostra umanità.
“L’umanità si è tirata addosso l’estinzione”
Siamo oramai dei malati conclamati, in fase terminale; il capitalismo con le sue mostruose deformazioni è la nostra subdola letale malattia. Come tutte le malattie autoimmuni ha iniziato a fagocitare se stesso, si sta autodistruggendo lasciando dietro di sé cumuli inservibili di macerie umane.
Non è possibile sconfiggerla, ma rallentarne il processo distruttivo sì.
L’unico modo è armarsi fino ai denti e combattere.
Per difendere la propria identità, se ancora se ne possiede una, per incoraggiare la diversità e le peculiari specialità di ogni essere umano, per non obbedire a modelli precostituiti, concepiti a tavolino con lo scopo di assoggettare le menti, omologare, controllare, mantenere l’ordine, azzerare la capacità critica, offuscare il pensiero.
Per scrollarsi di dosso il pesante fardello di falsi miti (come le grandi firme sulle facciate dello sky line), per epurarsi da una concezione di vita edonistica e megalomane.
Per non essere vittime della paura. Di quello che non si conosce e si considera, perciò, ostile.
Per riprendersi la propria libertà.
Perché il sonno della ragione genera mostri.
Cosa c’entrano i robottoni con tutto questo? Possono svegliarci dal sonno.
Sono la proiezione di noi stessi. Antropomorfi, respirano, parlano (anche troppo), si muovono come noi, provano i nostri stessi sentimenti. Vili, coraggiosi, traditori, fedeli, crudeli, compassionevoli come lo siamo noi.
Liberi o schiavi. Indomiti o al guinzaglio?
Riescono a mimetizzarsi e assumere la forma più adatta alla circostanza, come noi, esseri umani, che nel relazionarci con il prossimo indossiamo una vasta gamma di maschere (sarà l’occorrenza a suggerirci quale), e solo raramente ci mostriamo per quello che veramente siamo.
Transformers 4 non lascia indelebili tracce al suo passaggio. Scivola addosso, è innocuo, e non provoca nemmeno danni fisici come qualcuno leggermente più spazientito ha sostenuto.
Domani sarà già abbondantemente dimenticato eppure, per chi scrive, almeno un momento memorabile lo conserva: i ‘miracolati’ Mark Wahlberg (il perfetto americano che alberga dentro sé l’esperienza del passato, i suoi valori e l’ottimismo entusiastico del futuro), la figlia ‘gnocca’ con 'Romeo' al seguito, asso del volante, tutti in fuga, nel bel mezzo di una pioggia di metallo incandescente che lascia indietro un quarto uomo.
Il fuoco lo ha fuso in una statua di carbone (simil Pompei) cristallizzandolo per sempre nel suo ultimo spaventoso bellissimo movimento.
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