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La moglie del poliziotto

Regia di Philip Gröning vedi scheda film

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La recensione su La moglie del poliziotto

di Spaggy
8 stelle

È impresa ardua cercare di riassumere in poche righe The Police Officer’s Wife e cercare di darne un’interpretazione sia per la miriade di testi e sottotesti offerti dalla storia sia per le innumerevoli annotazioni derivanti dalla forma scelta dal regista tedesco Philip Gröning. Un vero rompicapo per critica e pubblico, The Police Officer’s Wife è un’esperienza "traumatica" suddivisa in 59 capitoli, ognuno senza nome ma contrassegnato da scritte generiche che annunciano l’inizio e la fine (“Inizio Capitolo n”, “Fine Capitolo n”), che coincidono con una sequenza per volta e raccontano principalmente dell’evoluzione dell’amore all’interno di un nucleo familiare composto da tre individui: il poliziotto, la moglie e la figlia in tenera età.

Travolto da un lavoro che non gli permette di avere soddisfazioni e di migliorare le condizioni della classe media di appartenenza, il poliziotto finisce per trasformare la moglie nella valvola di sfogo delle sue frustrazioni. Paradossalmente, non si è davanti ad un uomo di per sé violento (le poche volte in cui la violenza è esplicitata sullo schermo - bisogna attendere il capitolo 9 per un primo accenno e il capitolo 20 per scorgere un livido sul corpo di lei, successivamente martoriato -, l’uomo chiede sempre scusa dopo per timore di rimanere solo e di perdere ciò che ha di più caro) ma ad un essere umano fragile che spesso si muove per paura, rasentando quasi la bipolarità. Dall’altro canto, invece, si ha una moglie che passivamente subisce nel 90% dei casi l’ira del marito, accennando solo sporadicamente cenni di reazione. A frenare i suoi piccoli impeti è l’amore materno che la porta a proteggere la sua piccola creatura e al tempo stesso a salvaguardare agli occhi di questa la figura del padre, cercando di far loro da tramite e finendo travolta dal suo stesso modo di fare.

Accompagnato da numerose sequenze di canto (la bambina impara a cantare brevi filastrocche e i genitori la accompagnano regredendo a uno stato infantile e tenero) e da un gran numero di animali comuni in scena (conigli, lombrichi e una simbolica volpe, tutto ciò che una madre non certo ricca può mostrare alla propria figlia per aiutarla ad imparare a riconoscere quegli esseri che vede solo nei libri illustrati), The Police Officer’s Wife scivola lentamente verso un finale di acqua e morte che lascia attoniti e storditi. Il tutto si sarebbe evitato se il troppo amore avesse spinto lei a trovar la forza di lasciare andare via di casa il marito poco prima del finale, evitando di divenire uno di quei casi di cronaca di violenze domestiche che troppe volte negli ultimi tempi occupano le pagine dei giornali.
Di difficile realizzazione (Gröning ha impegnato poco meno di tre anni per il montaggio definitivo del film), The Police Officer’s Wife poggia le sue basi nelle interpretazioni degli attori, che si contano sulle dita di una mano e su cui spicca la coppia di gemelle Pia e Chiara Kleemann, impegnate nel ruolo della figlia: osservare crescere e formarsi l’anima della bambina prima di vederla messa in gioco è un duro colpo sotto la cintura, che pesa più dei pugni, degli schiaffi, degli sputi e degli spintoni che man mano diventano espliciti e sempre più visibili. Ad intervallare le varie sequenze familiari e lavorative è sovente la presenza di un anziano, che non si sa bene chi sia e che è impegnato in semplici attività quotidiane. Il suo ruolo è quello di un testimone cieco, simbolo del silente silenzio con cui la società finge di non vedere quei lividi che sorgono sul corpo di certe donne e di non sentire quelle urla che provengono da dietro la porta dei vicini.

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