Regia di Shinji Aramaki vedi scheda film
Capitan Harlock. Un pirata nero, immortale, carismatico e tormentato. La sua nave , l’Arcadia, (Alkadia nell'edizione italiana) che sfoggia una polena a forma di teschio. Il vessillo che sventola nello spazio come sospinta da un vento fantasma. Capitan Harlock arriva nei cinema in tutta la sua cupezza, con una storia di amore e guerra.
Arriva nel buio del cinema Harlock, trapassandolo con l’Arcadia nel 3D che impone un po’ più di profondità al quadro ma che tutto sommato non fa differenza sostanziale con la visione del normale 2D. Il film, cupo sia dal punto di vista narrativo che dal punto di vista estetico, si avvantaggia dei contrasti scaturiti dai combattimenti, brillanti dal punto di vista visivo che fendono il buio come lame.
nel suo occhio c’è l'azzurro
nel suo braccio acciaio c’è
nero è il suo mantello mentre il cuore bianco è…..
Chi si ricorda il Capitan Harlock dei telefilm si troverà davanti qualcosa di diverso.
Sebbene i personaggi siano replicati con esattezza in un’ottima animazione iperrealistica – straordinario l’effetto del mantello in pelle, effetti sonori compresi - ogni forma di ironia, di grottesco – soprattutto nel personaggio di Yattaran - che alleggeriva la serie televisiva qui sparisce.
Si prende molto sul serio Capitan Harlock, in questo spazio tempo non c’è posto per le macchiette e i buffi personaggi dei cartoni. Lo stesso Capitano, più che imporre la propria presenza, aleggia come uno spirito, non è il centro della storia e questo eleva esponenzialmente la componente mitica del personaggio. Egli ha un messaggio di pace da portare in dote, una riflessione sul senso dell’esistenza al di là dell’esistenza stessa. Come da tradizione del cinema asiatico, i personaggi non sono totemici ma evolvono verso una loro privata consapevolezza che può essere una scintilla di bene o abbracciare il male più profondo. O entrambe le cose. Tradimenti , amore e rivalse personali si intrecciano col destino del mondo. La materia oscura e l’aliena Meeme sono la sublimazione di tutto ciò che non è conosciuto e di cui si ha atavicamente paura.
Capitan Harlock ha qualcosa di epico nel suo incedere, riesce nella sua durata di 115’ a intrecciare lo spettacolo con i temi portanti della cultura giapponese, e poi, l’Arcadia ha sempre il suo porco fascino. Resa più cupa e tenebrosa dal restyling contemporaneo, sembra il ventre del Nostromo di Alien, con i corridoi innervati di tubazioni, oscurità tangibile , scricchiolii sinistri. Una nave che è anche essere vivente, reale e irreale insieme. Un fantasma appunto, guidato da un essere immortale intinto nell’essenza della materia oscura.
E’ emozionante Capitan Harlock, sicuramente uno dei migliori film di animazione (mi stava scappando “cartoni animati” memore del glorioso passato televisivo del film) per adulti degli ultimi anni. Paradossalmente però il problema è proprio questo. Il pubblico di destinazione se troppo giovane non risente del mito di Capitan Harlock che riempiva il tempo pre cena quando l’adolescenza si affacciava con i propri fantasmi nelle vite di chi ora veleggia sulla quarantina. Questi ultimi possono sentirsi traditi dalla virata (è il caso di dirlo visto che si parla di una nave, anche se spaziale) dark di questo film e non riconoscersi in esso. Non il sottoscritto, questo è un film che rinnova il mito, riaggiornandolo. E’ un’altra cosa ma pur sempre il nostro pirata tutto nero che per casa ha solo il ciel, imploso nella propria dannazione eterna, romantico e decadente.
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