Regia di Luca Barbareschi vedi scheda film
Una donna cinese piange la morte del figlioletto, avvelenato da una confezione di latte adulterato. In Italia intanto un losco manager si occupa della distribuzione di cibo contraffatto a livello mondiale. I due sono destinati a incontrarsi e a sconvolgere ciascuno la vita dell'altro.
Buona produzione a budget medio-alto, visibilmente sfruttato in maniera adeguata, Something good è la terza regia per Luca Barbareschi, maggiormente noto come attore, personaggio televisivo e politico, a 11 anni di distanza da Il trasformista (2002) e 16 dall'esordio dietro la macchina da presa con Ardena (1997). Nulla di trascendentale, apprezzabile nella confezione, il film ha però un indubbio pregio: si occupa di una tematica ancora poco sviscerata in Italia, quella relativa all'adulterazione del cibo, dalla quale consegue il dilagante culto contemporaneo per la gastronomia cosiddetta 'a chilometro zero' e la ricerca ossessiva di alimenti biologici, supercertificati e via dicendo. A voler fare le pulci, la storia messa in scena da Barbareschi con un copione da lui scritto insieme a Francesco Arlanch e Anna Pavignano prende spunto da un libro uscito nel 2007 e firmato da Massimo Carlotto e Francesco Abate, Mi fido di te, un romanzo la cui trama ha più di un elemento in comune con quella della pellicola; rimane comunque il primato cinematografico per Something good, film coraggioso se si considera inoltre la portata popolare del volto del regista e protagonista. Girato fra l'Italia e Hong Kong, coprodotto dalla Rai e dalla Casanova Multimedia di Barbareschi, il lavoro vede la partecipazione anche di Alessandro Haber, Frank Crudele, Branko Djuric, Michael Wong, Gary Lewis e della cinese Jingchu Zang come coprotagonista; particolarmente curata la fotografia, di Arnaldo Catinari. Sulla costruzione della storia e dei personaggi sorgono molte perplessità, ma come si è detto, al netto dell'interessante nucleo tematico, per la pellicola prevale l'aspetto formale su quello sostanziale. 3,5/10.
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