Regia di Carlo Mazzacurati vedi scheda film
Lui (Mastandrea) è un tatuatore romano capitato chissà come in Veneto, dalle parti di jesolo; lei (Ragonese) è un'estetista in perenne bolletta alla quale, in punto di morte, una donna (Ricciarelli) rivela un segreto: in un'orrenda sedia a forma di elefante è nascosto un tesoro. Per i due inizia una bizzarra caccia.
Il canto del cigno di Carlo Mazzacurati, scomparso prematuramente senza neppure poter assistere alla prima della sua ultima fatica, è anche il suo lavoro meno riuscito: poco più di una fiaba sospesa su registri grotteschi, che sembra rabberciare il plot già visto ne Il toro e La lingua del santo: quella di due personaggi che cercano di fare fortuna giocandosi l'occasione della vita. Non fosse per i cammei di Albanese, Silvio Orlando e, soprattutto, Bentiviglio, il film non vale neppure i 3 euro della festa del cinema.
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