Regia di Stephen Frears vedi scheda film
Splendido, vibrante, variopinto affresco umanista disegnato, con tratto lieve eppure riconoscibilissimo, da quel grande e sottovalutato autore che è Stephen Frears. L'impegno civile nel voler mettere a nudo i traumi e le contraddizioni d'una Londra thatcheriana livida e sanguinante, si coniuga, quasi magicamente, con un livello narrativo parallelo assai più intimista, 'privato', d'una suggestione quasi favolistica. L'alchimia è perfetta. Su uno sfondo 'pubblico' che sembra lasciare assai poche concessioni alla speranza s'agitano figure eccentriche e marginali, soggettive dissimili e complementari, ansiogene, fameliche, rassegnate o rabbiose. Comunque e sempre, straordinariamente, VIVE. Fantasmi compresi. Camuffata da commedia di costume l'opera di Frears è in realtà - quanto e più del precedente e meno armonico 'My beautiful laundrette' - uno spietato ed anarchico grido d'indignazione verso ogni forma di 'colonizzazione intellettiva', di resa conformista alle ineluttabilità di classe, di accettazione supina e 'digeribile' delle prevaricazioni silenziose d'ogni massa inerte e cannibalica. Quale che sia la bandiera dell' 'Impero' e per quanto impalpabile appaia il 'nemico' da combattere. In un finale straziante e controllatissimo s'intravede un bagliore. Di consapevolezza, più che di speranza. E' già moltissimo. Per un Cinema di contenuti davvero poco descrivibile, certamente non catalogabile e tristemente, quanto prevedibilmente, rimosso dalla programmazione di ogni palinsesto 'main stream', oltre che dalla memoria storica ed estetica di tanta critica solipsista e colpevole.
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