Regia di Angelo Longoni vedi scheda film
L’abuso della parola “amore” nei titoli dei film italiani continua a mietere vittime. Tanto viene sbandierato l’argomento amoroso quanto poi, alla fine, appare svuotato di qualsiasi senso. Un problema che nella pellicola di Angelo Longoni, drammaturgo di lungo corso in teatro e in tv che ora torna al cinema dopo tanti anni, è reso ancora più paradossale dall’utilizzo survoltato delle interpretazioni attoriali, dei dialoghi non recitati ma urlati, delle musiche - seppur pregevoli di Sergio Cammariere - a sottolineare qualsiasi parvenza d’emozione. Tutto il “maldamore” poi si riduce a questioni di corna, la costruzione di un’autentica relazione sentimentale non rientra nell’orizzonte delle possibilità delle coppie di personaggi (Luisa Ranieri con Alessio Boni e Ambra Angiolini con Luca Zingaretti) che si muovono senza spessore introspettivo intrappolati nella fiera delle banalità, delle ripicche adolescenziali, svuotati anche di rappresentazioni adulte legate al sesso, mentre invece appaiono funzionali ai marchi produttori del film. La messa in scena fa l’occhiolino a un presunto comodo punto di vista dello spettatore ormai assuefatto all’utilizzo televisivo della macchina da presa che, ad esempio nelle lunghe sequenze a due, lo culla da destra verso sinistra e viceversa. Peraltro l’unico espediente a segnare una differenza con la pièce teatrale ispiratrice. Ma il cinema non è la continuazione del teatro con altri mezzi.
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