Regia di Philippe Garrel vedi scheda film
Appena ne sono entrato in possesso ho immediatamente visto questo film di P. Garrel memore dell’altro unico suo che avevo visto illo tempore “Les amants reguliers” e che mi era piaciuto parecchio. L’ho trovato nettamente al di sotto delle aspettative. “La gelosia” dove?…. o ho visto un altro film o di cinema non ci capisco ‘na minchia! (propendo nettamente per la seconda visto il sostanziale gradimento della critica). Vocabolario Treccani: Gelosia: Stato emotivo di dubbio e di tormentosa ansia di chi, con o senza giustificato motivo, teme (o constata) che la persona amata gli sia insidiata da un rivale: sentire g., soffrire di g.; essere roso, tormentato dalla g.; fare una scena di gelosia. È distinta dall’invidia in quanto quest’ultima è il sentimento di chi desidera cosa posseduta da un altro, senza che in questa rivalità sia coinvolta una terza persona. E’ forse riduttivo confinare il tutto ad una definizione, ma la sostanza rimane quella enunciata. Qualcuno sa ora dirmi in quale parte della pellicola si affronti tale emozione? Quindi mestamente vado in rete a raccogliere lumi. Eccone qualcuno: “…Nell'evocazione di un momento figurativo classico, su cui la tradizione ha sedimentato strati di significato, Garrel approfondisce e sintetizza il valore di un rapporto (quello tra Claudia e lo scrittore), sollevando l'esile narrazione dalla trappola di un'inutile deriva dialogica. L'esempio perfetto di un cinema sempre volto alla conquista dell'essenziale”. “ ….L'intreccio de "La gelosia" è, come si è visto, ridotto ai minimi termini e la regia di Garrel, dal canto suo, annulla la storia in un affacciarsi sconnesso di scenette, che danno il resoconto sentimentale di uno squarcio di vite, col fascino stilizzato di una narrazione per ellissi. La sua tecnica è una sorta di pointillisme cinematografico, ma lavora per sottrazione anziché per aggiunte e l'esito è un quadro che sembra comporsi sotto gli occhi attoniti dello spettatore, incerto, ormai, se considerare quegli istanti di cinema - non catturati su pellicola, ma vissuti - come momenti di una studiata drammatizzazione o libere finestre aperte sul mondo. L'obiettivo non è, qui, il grande affresco sentimentale, ma l'acquerello, che sostituisce a una realtà sottomessa al regime dell'effetto drammatico il contesto di una spontaneità intima e sacrale, estranea a qualunque pleonasmo”. Qualcosa di molto meno attorcigliato l’ho trovato anche in questo sito ma non lo cito per non innescare inutili polemiche.
Ora è finalmente tutto chiaro! Sono un idiota e mi dedicherò a Vanzina o Zalone o al mai dimenticato Ceccherini. Nel contempo realizzo che comincio ad averne le sfere piene di saccenti critici che hanno come unico fine l’esternazione della loro capacità di non comunicare. Alla fine a quel citato pozzo di cultura cosa è rimasto di quel film? Probabilmente una spontaneità intima e sacrale esterna a qualunque pleonasmo. Mi rallegro per lui mentre mi sovviene la capocciatrice di acquedotti de “La grande bellezza”: Io vivo di vibrazioni….ma cosa sonoooo?
Adesso vi dico cosa indegnamente è rimasto a me. E’ parere di chi scrive che la gelosia sia solo il terrore di una “perdita di potere” nei confronti della persona amata, (più probabilmente creduta amata ma solo posseduta) per l’insinuarsi di una terza persona. Al verificarsi di tale evento (perdita) si associa in parallelo una conseguente vorticosa e verticale caduta dell’autostima, percepita come incapacità di mantenere o riappropriarsi di quanto insidiato o irreparabilmente perduto. Da qui il malessere che ci attanaglia in forma più o meno intensa. Quindi gelosia è solo perdita di controllo nell’esercizio di potere e se c’è amore (con la a maiuscola) non c’è gelosia. Nel film c’è pochissimo di ciò. La “sostenuta” gelosia viene solo abbozzata in questa pellicola contemporaneamente su tre fronti ovvero Clothilde/Louis, Louis/Claudia, Charlotte/Louis.
Senza che sia dato sapere quali siano i motivi della separazione, la moglie ha fondamentalmente perso la sicurezza e la serenità!? di una realizzata famiglia (quanta tristezza in quella cena a base di zuppa con la figlia) e mai si palesa gelosa di Carla per averle sottratto il marito (perdita di potere) ma insidia il suo sacrosanto ruolo di madre; il che non è gelosia.
Claudia non ha mai amato Louis essendo completamente concentrata su se stessa, sulla sua sessualità (che ci è evidenziata in modo garbato dai ben sottintesi molteplici tradimenti) e sulla sua realizzazione economica; e manco ama il generosissimo (che strano!) architetto. Espone inoltre una “invidiabile apertura mentale” di probabile derivazione post-sessantottina nella rappresentata normalità di rapporti promiscui. Esiste ahimè una discreta quantità di esseri circolanti (femmine o maschi) di cotal fatta. Anche in questo caso gelosia assente. L’unica gelosia emotivamente interessante, in quanto acerba e vera (e paradossalmente completamente aggirata dal regista) è quella di Charlotte, perché non interessata ma nativamente connaturata ai rapporti di sangue, all’innocente e ancora incontaminato desiderio di esclusiva considerazione richiesto al papà (o alla mamma) proprio di qualsiasi figlio. Charlotte, invece, si rivela per nulla gelosa, anzi si inserisce serenamente nel nuovo rapporto del padre senza minimamente essere impensierita dalla “rivale”, da colei che potrebbe sottrarle tempo e attenzioni. Anche qui assenza di gelosia.
Louis dimostra un sincero innamoramento per Carla tale che “rifugge le molteplici occasioni di peccato anche della sola carne” (con enfasi biblica!) che gli si presentano e con questo dimostra di essere, come siamo più o meno tutti, debole e vulnerabile ma evidenzia come spesso l’amore (o quello che si crede tale) non vada solo vissuto, ma coltivato e fatto crescere anche a suon di sacrifici, rinunce e assunzioni di responsabilità; diversamente è “attrazione e attuazione sessuale”. Louis non ha neppure il tempo d’ingelosirsi; viene scaricato prima. Il gesto estremo appare poi un po’ “posticcio” anche se emula, nella modalità esecutiva, il suicidio di Majakowskij. Ugualmente frasi tipo “ti amo definitivamente” sono spot promozionali da ventenni o poco più…per non dire pure banalità.
Tiriam le somme: solita famiglia devastata con la presenza di minori, solita/o amante opportunista e per nulla innamorata, solito innamoramento (fase che ha una sua durata temporale) e poi vira quasi sempre in esercizio di potere, solita conferma che spesso gli unici rapporti che tengono sono quelli di parentela; alla fine al protagonista restano gli unici amori veri e disinteressati ovvero quelli della sorella e della figlia, cioè quelli non legati ad esercizi di potere. Vado a letto, spengo la luce, fine del film. Tre stelle. Solo perché Garrel ha efficacemente rappresentato l’attuale tema sociale del dilagante disastro relazionale e affettivo e lo ha fatto con un ottimo b/n.
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