Regia di Romolo Guerrieri vedi scheda film
Massimo Ranieri, già celebre come cantante, era stato 'scoperto' come attore da Mauro Bolognini (Metello, 1969); la sua prova qui è davvero positiva, complice probabilmente anche la buona scrittura di Giuseppe Berto, che ricostruisce uno degli episodi più celebri della resistenza italiana con precisione storica e scarsa inclinazione alla spettacolarizzazione (scivolone che, dato l'argomento, sarebbe anche stato plausibile, per quanto non auspicabile). Guerrieri, dal canto suo, non era regista di grande fantasia, ma ha saputo costruirsi una carriera senza infamia e senza lode grazie ad una certa onestà professionale; anzi, a guardar bene nel suo percorso la lode è meritata proprio per questo film, eticamente valido e costruito saldamente attorno a una figura di grande carisma come quella del giovane brigadiere che, nel settembre '43, sacrificò spontaneamente la sua vita in cambio di quelle di altri 22 innocenti quanto lui. Nel cast anche Massimo Serato e Lina Polito (agli esordi); c'è una parte minore per Enrico Maria Salerno. Musiche di Carlo Rustichelli, debitamente intense. In quegli anni il cinema italiano si fa civile (Rosi, Petri, Maselli): non è un caso, d'altronde, che Ranieri avesse da poco interpretato il protagonista - ancora per Bolognini - in Imputazione di omicidio per uno studente. 6/10.
Settembre 1943. I rastrellamenti tedeschi nei pressi di Roma mettono in gioco le vite di 22 persone. L'ordine di fucilazione viene però fermato dal giovane brigadiere Salvo D'Acquisto, che, assumendo su di sè tutte le colpe di un attentato avvenuto nei giorni precedenti, si sacrifica al posto dei 22.
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