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Shaun - Vita da pecora

Regia di Richard Starzak, Mark Burton vedi scheda film

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La recensione su Shaun - Vita da pecora

di Immorale
8 stelle

Plastic sheep

La “AArdman Animation Ltd” di Bristol può essere senz’altro considerata la casa di produzione per eccellenza dei film in “stop-motion” con metodo tradizionale: per intenderci quel procedimento, che si immagina lunghissimo, che usa personaggi e sfondi fatti di plastilina e poi “animati” dopo averne modificato (impercettibilmente o meno) i movimenti. Attiva fin dagli anni 70’, con la realizzazione di innumerevoli cortometraggi, ma diventata famosa solamente negli anni 2000, con l’ottimo film “Galline in Fuga” ("Chicken Run” del 2000) e “Wallace & Groomit” (vari corti ed un lungometraggio a partire dal 1989). Datata 2007, la nascita del nuovo personaggio di Shaun la pecora è stato dapprima distribuito in forma di serie animata, con episodi “agili” della durata di 5-7 minuti ciascuno. Che rappresentano una boccata d’ossigeno “intelligente” (insieme a “Masha e [l’]orso”) per i genitori con bambini in età prescolare da intrattenere con i programmi di Rai YoYo, comprensibilmente (considerando la difficoltà di coprire il palinsesto giornaliero) non tutti memorabili.

 

 

Il passaggio al lungometraggio non toglie fortunatamente un grammo della (apparentemente) grezza simpatia dei personaggi, dalla prorompente comicità fisica, complice la felice sceneggiatura tutta puntata sul citazionismo del cinema “adulto” (come già in Chicken Run che scimmiottava la trama de “la Grande Fuga” di Sturges), e riesce ad essere realmente divertente in più occasioni: si passa pertanto dall’amplificazione di alcune tematiche dei corti (la routine giornaliera della vita agreste), al confronto natura/grande città (con le “follie” modaiole di quest’ultima) fino al necessario e ben gestito inserimento di situazioni più avventurose del solito.

 

 

Rimangono impagabili, per chi scrive, le facce necessariamente distaccate (oibò, son fatte di plastilina !) dei vari personaggi, ben tratteggiate per riprodurre l’imperturbabilità ovina, il ghigno da talpa del fattore o degli altri personaggi “umani” e alcune trovate memorabili quali la “conta delle pecore”, vera arma “fine di mondo” della pecora in difficoltà.

 

 

Il tutto, ovviamente, senza proferir parola, se non il borbottio gutturale tipico dell’inglese medio: quando un pupazzo muto vale mille parole (e mille immagini digitali).

 

 

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