Regia di Francesco Rosi vedi scheda film
Prima di commentare il film, voglio nuovamente plaudere al coraggio di Rosi, un mitico regista specialista dei film-inchiesta che non ha mai avuto paura di denunciare i legami tra politica e mafia.
Salta subito all'occhio in Salvatore Giuliano, il fatto che il bandito non si veda mai. Lo spettatore lo vede solo quando viene ucciso. Questo dà alla pellicola un alone di fascino, di mistero ed anche d'inquietudine, cosicché lo spettatore riesce bene ad immergersi nel clima di paura e d'incertezza che si viveva a Montelepre, il luogo in cui il bandito viveva e regnava nascosto chissà dove. Colpisce poi la prospettiva temporale distorta con cui la storia viene raccontata. Colpisce l'assoluta mancanza di spettacolarizzazione che, talvolta, fa assomigliare il film ad un documentario (tanto è realistico), perché Rosi si limita a raccontare i fatti così come sono accaduti senza eccessi. Colpisce la recitazione di alcuni personaggi (Frank Wolff, nel ruolo di Pisciotta, sembra davvero un bandito appena sceso dalla montagna).
Sostanzialmente, Salvatore Giuliano, è un film che, come appunto un documentario, va diritto alla testa senza passare per il cuore. E se, da un lato, la mancanza di spettacolarizzazione disorienta un po', dall'altro insegna un sacco di cose sui rapporti tra mafia, banditismo e politica.
Secco ed incisivo come una lama d'acciaio nel burro.
Tabellino dei punteggi di Film Tv ritmo:2 impegno:3 tensione:2
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