Regia di Francesco Rosi vedi scheda film
"Salvatore Giuliano" è stato uno dei primi e dei più importanti film del filone del cinema di impegno civile, di cui Francesco Rosi è stato uno degli indiscussi maestri. Non è un film "facile", e infatti, per essere compreso appieno, necessiterebbe di più di una visione, forse anche di una contestualizzazione che permetta di affrontarlo conoscendo già qualcosa del soggetto e della situazione storico-politica che è strettamente legata ai fatti narrati. Infatti, la figura del bandito siciliano serve più che altro come pretesto per mostrarci l'ambiente sociale in cui maturarono le sue gesta criminose e il complesso nodo di legami fra la Criminalità organizzata e la politica, mai del tutto chiariti, anche se un processo successivo alla morte di Giuliano (riportato nella seconda parte del film) riuscì a far emergere alcune di queste pericolose connessioni fra la Mafia e i rappresentanti del potere istituzionale. L'approccio di Rosi è di tipo documentaristico ed è lontanissimo da quello romanzesco e magniloquente del film Il siciliano di Michael Cimino, che non può certo essere considerato un remake di questo. Inoltre, il regista utilizza una strategia narrativa piuttosto sofisticata, in quanto non vi è una successione cronologica degli eventi e alcuni fatti restano ammantati di mistero, richiedendo in questo una partecipazione attiva e consapevole dello spettatore nel dare un senso alla complessa materia narrativa e nel cercare di svelare una verità ancora sfuggente sotto molti punti di vista. In ogni caso, lo stile registico è di esemplare rigore e concretezza, mettendo a frutto il meglio della lezione neorealistica rosselliniana, e anche a livello figurativo sono molte le immagini e le sequenze di forte risonanza e di indubbia bellezza (basti citare le scene di massa nel villaggio, o quelle del combattimento fra banditi e carabinieri nelle montagne). Dopo una prima parte più serrata, la sezione processuale può risultare inizialmente più ostica e complicata da seguire, ma in realtà è inseparabile dall'altra, la completa e la chiarisce dandoci al contempo informazioni preziose sulla strage di Portella della Ginestra (che saranno riprese in Segreti di Stato di Paolo Benvenuti, che però non ho visto). Fondamentale contributo della fotografia di Gianni Di Venanzo, maestro del bianco e nero che in quegli anni firmò alcuni dei massimi capolavori del cinema italiano come Otto e mezzo di Fellini e La notte e L'eclisse di Antonioni, ma che morì prematuramente nel 1966. Salvatore Giuliano è un film che ha fatto scuola e, col passare degli anni, è stato sempre più ammirato, anche da grandi maestri come Scorsese e Coppola.
VOTO 9/10
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