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Sole a catinelle

Regia di Gennaro Nunziante vedi scheda film

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La recensione su Sole a catinelle

di supadany
5 stelle

Fenomeno assoluto del botteghino nostrano, Checco Zalone al suo terzo film da protagonista raggiunge probabilmente il vertice di biglietti staccati (anche perché far di più è francamente complicato anche per lui), ma per il resto rimane sui livelli precedenti, anzi forse arretra pure di qualche passo.

E se è vero che la produzione non si è accontentata (riprese più lunghe del solito ed in luoghi anche distanti), non è che poi questo si noti più di tanto se non appunto per gli scenari.

Dopo i primi successi nel nuovo lavoro, Checco (Checco Zalone) si ritrova presto sommerso dai debiti, ma causa una sua incauta promessa deve ad ogni modo portare in vacanza suo figlio Nicolò (Robert Dancs).

Dapprima si appoggia su una zia in Molise, Nicolò non è certo soddisfatto, ma quando tutto sembra destinato a naufragare incontrano Zoe (Aurore Erguy), una donna ricchissima che li porta a contatto con un mondo opulento distante dalle loro abitudini.

E Checco riuscirà a farsi rispettare, nonostante i suoi modi bruschi.

 

Checco Zalone

Sole a catinelle (2013): Checco Zalone

 

Massimo risultato col minimo sforzo, più che altro Checco Zalone come comico è sempre trascinante, per non dire proprio debordante, premesso che questo comporta anche il rischio di risultare pesanti quando si va a colpire il tasto sbagliato (ma al pubblico non sembra interessare più di tanto evidentemente).

Ma poi c’è comunque poco, pochissimo cinema, giusto nella primissima parte si vede qualcosa in tal senso, con una scena introduttiva ben fatta (pensiamo di seguire Zalone invece è solo un altro uomo con la nuca simile alla sua) e poi una raccolta di missioni (di vendita) che racchiude un po’ tutto ciò che riguarda le vendite “porta a porta” e l’ostentazione di farsi vedere più ricchi di quanto non lo si sia.

Procede comunque anche nella seguente parte da “road movie” il “one man show” di Checco Zalone, le battute piovono a catinelle, nonostante la vicenda faccia fatica a reggersi in piedi e ad evolversi.

Il vero arretramento si ha negli ultimi venti minuti, quando le idee paiono giunte alla canna del gas ed anche l’umorismo latita, peraltro l’ultima scena in assoluto sembra più un errore da “backstage”, aspetto che può renderla anche più simpatica quanto non sia, ma la sensazione personale non è stata poi così positiva.

Riguardo il cast oltre Checco Zalone, Robert Dancs appare sveglio quanto serve per stare al passo col suo “padre cinematografico”, maluccio invece le due figure femminili affidate a Aurore Erguy e a Miriam Dalmazio che anche a causa di personaggi trattati senza troppa voglia (le attenzioni sono tutte rivolte al mattatore ed al ragazzino) non lasciano alcuna traccia, in ogni caso non paiono avere le doti da grandi scoperte.

Film esile esile, e non solo per il fatto che dura pochissimo (tanto che non ci si aspetta possa finire a quel punto), ancora una volta, se non ancora di più, poggiato sull’umorismo sgraziato, ma ancor più contagioso di Checco Zalone, sicuramente il comico più ad altezza d’italiano (medio), per il futuro comunque c’è da augurarsi che provi ad alzare un po’ l’asticella del livello di difficoltà come poi la maggior parte dei suoi stessi colleghi ha prima o poi fatto (anche se con alterni successi).

Per adesso rimane stentato (comicità a parte, che trovo irrefrenabile almeno negli spezzoni che girano decentemente).

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