Regia di Joe Dante vedi scheda film
La chiave di lettura ed anche la carta vincente del film si può ascrivere alla simbiosi che avviene fra il corpo di Jack Putter e la personalità brillante di Tuck Pendelton che gli circola dentro poichè Jack è un povero sfigato ossessionato dalle sue insicurezze che crede di aver contratto la lebbra se gli scappa uno starnuto, l'imprevista iniezione nel suo gluteo del prode astronauta alla guida di una microcapsula destinata ad ispezionare l'organismo di un coniglio lo conduce suo malgrado in una incredibile avventura che però da la svolta alla sua piatta esistenza visto che dopo i primi esilaranti malintesi a causa dei quali arriverà a credere di essere posseduto Pendelton diventa una sorta di coscienza motivandolo con i giusti consigli finalizzati principalmente a riportarlo nell'apparato sminiaturizzatore prima che l'ossigeno nelle sue bombole sia esaurito ma allo stesso tempo a mettere KO la cricca di scienziati guidati dal redivivo Kevin McCarthy intenzionati a vendere il programma miniaturizzatore a potenze straniere, tutto ciò crea due piani d'azione ben distinti ma completamente simultanei: Jack che deve recuperare i chip fondamentali per il programma che deve riportare Tuck alle sue dimensioni normali ed allo stesso tempo salvaguardare il suo culo fino alla casa base mentre al suo interno Tuck deve sempre stare in allerta tenendo d'occhio ciò che avviene all'esterno e a un certo punto fronteggiare un altro intruso miniaturizzato iniettato nel corpo di Jack.
Il ritmo brioso e il tono scanzonato fanno girare il film a meraviglia con scene divertenti ed emozionanti in cui si respira l'allegria dirompente che tutto il cast riesce ad esprimere: Quaid e la Ryan erano in forma strepitosa e sembravano fatti l'uno per l'altra a dimostrazione che al cinema il feeling tra due innamorati traspare cristallino e infatti si sposarono nel 1991 ma l'assoluto protagonista è il simpatico Martin Short in un ruolo cucito su misura per lui, la sua faccia da sfigato condita da smorfie di ogni genere sprigiona il sorriso ad ogni svolta del film.
"Salto nel buio" è invecchiato benissimo perché gli effetti speciali che lo arricchiscono erano sorprendenti cinque lustri fa tanto quanto lo sono ora sfruttati al meglio da un Joe Dante in stato di grazia.
Curioso il finale che lasciava presagire un sequel mai realizzato.
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