Regia di Castellano & Pipolo vedi scheda film
Sulla falsa riga dei pessimi prodotti estivi che riciclavano sullo schermo la (peggiore) tv del bagaglino, Castellano e Pipolo preparano questo calderone di sketch plebei completamente sconnessi. Si alternano le solite vicende simil-vanziniane: una modella libidinosa (Debora Caprioglio) corteggiata dal cugino idiota che è disposto a organizzargli un appuntamento sessuale con un ballerino tonto (e seriamente legato alla gelosa consorte) pur di bombarsi la parente, un giovane paffuto (Fabrizio Bracconieri) intento a suicidarsi (dopo esser stato mollato dalla fidanzata), le cui deliranti gesta vengono frenate dalla figlia di un boss mafioso (la Parietti, in una maschera macchiettisticamente imbarazzante e dal doppiaggio osceno…), due coniugi impegnati a rianimare il desiderio erotico tornando nel nido d’amore del decennale viaggio di nozze, e un musicista famoso (Jerry Calà) che deve riconquistare la moglie (e chi se lo sarebbe mai aspettato!). Non c’è intreccio, né un pietoso sforzo intellettivo per esporre qualcosa di vagamente sollazzevole (scherzi a parte, lo sviluppo delle farse è uno strazio interminabile!). Ogni stolto risvolto è una scusa per svestire le soubrette; e questa è (l'unica) cosa buona e giusta (le grazie di Serena Grandi, sebbene nel segmento più palloso, sono sempre una gioia per gli occhi). Il resto è un tripudio di insulsaggini: pattume di scarto del peggior avanspettacolo. Bracconieri, il quale era il solo che avrebbe concesso qualche sorriso, appare ingessato e monocorde, mentre Calà qui non ha nemmeno quella minima verve da cabarettista che a tratti poteva intrattenere. La panoramica è uno scempio generale. E poi, tralasciando il pessimo lato tecnico, pure le musiche sono piattissime. Almeno negli altrettanto orrendi “Vacanze di Natale ‘91” e “Abbronzatissimi” ci si distrae con le parentesi in discoteca, dove veniva inserito qualche pezzo dance nostalgico di Joy Salinas o Crystal Waters; magari non tutti possono permettersi i diritti di una “Such a good feeling” dei Brothers in Rhythm, però non proporre neanche una modesta “Strike it Up” dei Black Box significa avere veramente il braccino corto (o un budget troppo misero)…
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