Regia di Mario Costa vedi scheda film
A cinque fratelli romani arriva un telegramma importante dal Sudafrica. In città sta arrivando la vedova dello zio Arduino, morto qualche mese prima nel continente nero. Le premesse sono ottime: il notaio incaricato arriva in città a bordo di una fuoriserie regalatele proprio dalla vedova: che lo zio Arduino abbia fatto fortuna ed ora la sua dote è in arrivo per allietare l’esistenza dei nipoti? Sembrerebbe proprio così, anche se ci sono delle prove da superare…
Il film si fa notare da subito per una caratterizzazione molto spiccata dei personaggi, quasi eccessiva nei loro toni troppo esagerati: Mario Riva, Cesaretto, è un perdigiorno ubriacone votato al nichilismo; Riccardo Billi, Michelino, vive di una gelosia morbosa che non consente alla moglie nemmeno di comprare la tv (altrimenti poi se si guasta, ed arriva il tecnico, è necessario accogliere un uomo in casa!); Nino Taranto, Giuseppe, ricorre al fucile appena scade una cambiale che deve esigere ed ai suoi operai non consente nemmeno la pausa per bere, giacché in quel momento li sta pagando; Alfonso, Alberto Sordi, è un istrionico vedovo, che vive alla giornata, ma non rinuncia al suo fido aiutante (Turi Pandolfini), a cui non perde mai l’occasione di ricordare i ruoli; infine Sergio Raimondi, Piero, è un donnaiolo quasi per mestiere. Le caratterizzazioni quasi macchiettistiche dei 5 protagonisti sono funzionali alla storia e non fini a se stessi, dato che proprio il saper smussare alcune angolature dei loro caratteri estremi sarà il viatico per raggiungere l’obiettivo.
Le maggiori pose ce l’ha Sordi, che con Pandolfini raggiunge un’intesa meravigliosa, mentre le battute migliori sono di Riva.
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