Regia di Wally Pfister vedi scheda film
La storia del film riprendeva il tema faustiano dell'uomo che si fa Dio, analizzandone contraddizioni e manie d'onnipotenza. Un incipit classico che Pfister attualizza con un'ambientazione da scenario apocalittico. Dopo un breve prologo, in cui facciamo appena in tempo a vedere Johnny Deep in carne ed ossa alle prese con le discussioni intorno all'eticità della scienza e delle sue scoperte, la storia si sposta nel deserto americano di una cittadina che assomiglia alla Alamogordo delle sperimentazioni nucleari di Oppenheimer. Resuscitato dai morti grazie ai servigi della propria innamorata che lo trasforma in un ologramma cibernetico, l'ex pirata dei caraibi si cala nello spirito e nei pixel di una divinità analogica, capace di compiere qualsiasi tipo di "miracolo" in virtù del suo essere parte integrante dei circuiti informatici. Ovviamente ogni potere ha il suo contraltare e quello del protagonista sfocia in una controllo totale ed invasivo che assomiglia al grande fratello Orwelliano.
Se la mancanza di una sceneggiatura almeno plausibile non consente a Pfister di uscire al di fuori dello stereotipo, "Transcendence" risulta addirittura innoffensivo sul piano dello spettacolo per la mancanza di empatia dei personaggi (su tutti lo spento Deep ma anche la brava Rebecca Hall, condizionata da un personaggio troppo ingenuo per essere verosimile) e per ultimo, ma nel caso del regista sarebbe in cima alla lista, da un impianto visivo piatto e confuso, che neanche per un momento riesce ad essere visionario ed immaginifico. Il livello potrebbe essere quello di un qualunque telefilm, ma ora che la serialità televisiva è diventata arte, "Transcendence" rischia una catalogazione talmente poco dignitosa che preferiamo evitare altri aggettivi.
(icinemaniaci.blogspot.com)
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