Regia di Wally Pfister vedi scheda film
L'amore trascende ogni cosa.
Certamente il film di Wally Pfister - fedele direttore della fotografia di Nolan e qui al suo debutto registico - è fantascienza "pensante", intrisa (in modalità "standard") di riflessioni filosofiche, sociali e politiche (ma anche pratiche) sui limiti della rivoluzione/evoluzione digitale-tecnologica. Roba già vista, tematiche attualissime, potenzialità notevoli (se non infinite, come la rete e l'universo), ambiguità a profusione, dilemmi esistenziali e morali da porre, giudizi da sospendere: materiale che definisce un'opera che possiede un'anima, e non un pretesto per fare casino.
Transcendence si trascina così per buona parte della sua esistenza, esplorando i confini e le possibili conseguenze della cosiddetta intelligenza artificiale, capace di creare una coscienza collettiva ed espandersi nell'Oltreinternet fino agli elementi del cielo e della terra.
L'invasione degli ultracorpi digitali - rispondenti ad una unica mente che ne ha annientato le volontà individuali (un po' come l'armata Borg di Star Trek) - sembra così un ulteriore irreversibile passo evolutivo.
Presenze care al genere - ecoterroristi, studiosi informatici e agenti federali - assicurano la solidità e la credibilità necessarie, mentre le questioni legate ai pericoli del progresso tecnologico e alla progressiva perdità di umanità in favore di una nuova Creazione (perché una delle costanti nell'equazione della vita è che c'è sempre un dio da adorare) sono affrontate con acume (stante la natura derivativa dell'opera). Inoltre, la sceneggiatura, che non riesce ad approfondire al meglio la psicologia della figura centrale (quella interpretata con efficacia e sensibilità da Rebecca Hall), sorvola un po' su alcuni passaggi perlopiù trascurabili e sembra tonfare su altri, apparentemente contraddittori se non privi di senso.
Eppure, al di là dell'inevitabile cianciare di minacce cibernetiche, di algoritmi che teorizzano la (auto)distruzione della carne, di azioni compulsive e primordiali di fronte a ciò che non si comprende [si badi bene: i prodi ecologisti, difensori della specie, ammazzano senza pietà; le autorità idem e con in più i soliti biechi piani di riserva se «le cose si mettessero male»; il nemico pubblico #1 2.0, al contrario, «non ha ucciso nessuno»] - ebbene, un senso sopra (il) tutto c'è.
L'input (che dona valenza a momenti e particolari prima poco chiari) è una classica - quantunque più "dolce" - svolta nolaniana. Gli interrogativi sono ribaltati: lasciati andare verso onanistiche derive intellettualoidi quelli (fanta)scientifici, permane un solo - potente, insinuante, istintivo, esistenziale - pensiero che elettrifica la corteccia cerebrale e satura quel luogo misterioso e inafferrabile che chiamiamo "anima".
E dunque: cosa si è disposti a fare per colei che si ama?
Domanda retorica. La virata può anche apparire forse fuori contesto, fors'anche considerabile come facile scappatoia (sentimentale). Ma. È uno stato che permea toni, eventi, l'intera pellicola, sin dal suo incipit. Non (r)esiste altro, null'altro che possa scatenare il Delirio [ascolta le sue parole, i suoi desideri: non c'è barriera - fisica, spirituale, virtuale - che non possa essere abbattuta]: «lui ha fatto tutto questo per stare insieme».
Così, il Sogno di un'oasi felice sospesa nel tempo e nello spazio e nelle cose muore in un abbraccio d'amore e morte e rinasce in una stilla di (altra) vita.
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