Regia di Lorenzo Bianchini vedi scheda film
Buon horror che non si accontenta di creare spavento, ma sa percorre anche la strada di una ossessione che diventa letale: la deriva di un uomo che si spinge troppo avanti, anche oltre le leggi umanamente condivise dalla realtà dei fatti, finendo anche lui vittima di una malvagità, e di una forza maligna ed ipnotica che si rivelano fatali.
Nei boschi dell'orrore.
Al confine tra Friuli e Slovenia, una coscienziosa guardia forestale, impegnata in un approfondito e particolareggiato studio comportamentale delle specie animali che frequentano quei fitti e difficilmente accessibili boschi, si avventura col suo furgone oltre i limiti normalmente consentiti per automezzi non attrezzati per il fuoristrada, spinto dalla necessità di verificare le riprese fotografiche e i filmati raccolti presso i punti di osservazione, nonché verificare le varie gabbie di raccolta delle specie osservate.
Colto dal brutto tempo – una pioggia fitta che fa ingrossare i ruscelli in pochissimo tempo – l’uomo si ritrova impossibilitato a ripetere la strada del ritorno, e quindi si vede costretto a soggiornare presso i ruderi di una vecchia malga di montagna, un tempo asilo di popolazioni dedite alla pastorizia e alla coltivazione e pulizia del bosco.
Osservando un filmato notturno che riprende diverse specie animali, l’uomo, già stupefatto dalla visione poco prima di due abiti da donna trovati a scorrere lungo un ruscello, scorge anche in lontananza due figure umane che sembrano scrutare lui, o quanto meno la macchina da presa: due esseri coi capelli lunghi, dalle forme non ben definite.
Rifugiatosi nel caseggiato diroccato, l’uomo diventa vittima di strani torpori, sensazioni di disagio, agitazione e quasi in preda a allucinazioni, comincia a comportarsi in modo sempre più strano. Sulle sue orme altri uomini del servizio civile, mentre una coppia di anziani sloveni, al corrente dai telegiornali della sparizione dell’uomo, comincia a temere che la vecchia torbida storia riguardante due sorelle vissute settant’anni prima in quei posti, abbiano a che fare con la sparizione dell’uomo.
Lorenzo Bianchini sa bene quanto possa rendere l’atmosfera morbosa e torbida di provincia, già teatro di horror eccezionali come la “trilogia padana” di Avati degli anni ‘70/’80 (La casa dalle finestre che ridono, Tutti defunti…tranne i morti, e Zeder), legata alle proprie tradizione, ai propri segreti, talvolta ai propri misfatti, per costruire un horror che si faccia ricordare e lasci il segno.
La sua già interessante carriera precedente ce lo ha confermato (io per ora ho visto solo il buon “Radice quadrata di tre”) e questo notevole “Across the river” (questo il titolo internazionale), pur circolato pressoché clandestinamente, è davvero un film che sa spaventare ed inquietare: ovvero farci provare le emozioni basilari che un film di genere horror dovrebbe saperci suscitare sopra ogni altro tipo di emozione.
Il film non si accontenta di creare spavento (ma la scena della ripresa notturna delle due creature, costruita senza falsi e prevedibili sobbalzi, quel vedere le due anime (?) apparire lentamente, quasi timidamente, come animali guardinghi, con gli occhi brillanti e fosforescenti dovuti alla ripresa notturna, fa davvero paura alla grande: era un bel po’ di tempo che non mi succedeva di provare certi brividi, alla faccia di Blair Witch e altri mockumentary dozzinali di cui è pieno il genere qui presente), ma percorre anche la strada di una ossessione che diventa letale.
E' anche o soprattutto la deriva di un uomo che si spinge troppo avanti, anche oltre le leggi umanamente condivise dalla realtà dei fatti, finendo anche lui vittima di una malvagità, e succube di una forza maligna ed ipnotica che nasce, si alimenta e sopravvive come frutto di una segregazione violenta accentuata da una immane ingiustizia perpetrata oltre settant’anni prima ai danni di due individui indifesi.
Due esseri impresentabili, e dunque reclusi e tenuti nascosti alle folle, oltraggiati dalla superstizione per il solo motivo di uscire dagli schemi standard di una società che già allora viveva di intolleranza e di prepotenza; tutto ciò a perfetto tragico corollario di una guerra a quei tempi dilagante e sanguinosa, manifesta soprattutto in quelle zone boschive, luogo ideale di resistenza, ribellione, imboscata e strage.
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