Regia di Lorenzo Bianchini vedi scheda film
Con “Oltre il guado-Across the river” si può sperare in un futuro migliore per il cinema horror italiano.
Lorenzo Bianchini firma il suo quinto film, raggiungendo un livello altissimo per qualità ed originalità narrativa.
Un etologo naturalista lavora solitario tra i boschi che tracciano il confine tra il Friuli e la Slovenia. Dopo aver catturato una volpe ed avergli montato una piccola telecamera, continua il suo lavoro seguendo l'animale, che lo conduce in un paese abbandonato, oltre il fiume.
Proprio nel titolo del film sta tutta la filosofia e la struttura del racconto: Oltre il Guado c'è quello che non si conosce, la pioggia impedisce la via del ritorno con l'innalzamento delle acque, imprigionando così l'uomo, lo studioso, tra le mura di un paese che nasconde terribili segreti.
Il piccolo paese abbandonato diventa per l'etologo Marco Contrada una sorta di Hoverlook Hotel, dove al posto delle stanze vi sono tante case che sembrano abbandonate per un terribile incantesimo.
Piano piano a Marco iniziano a mancare tutte le sicurezze, nell'attesa degli aiuti l'ansia, la paura e la consapevolezza di non essere del tutto solo lo prevalgono.
La natura è la protagonista indiscussa del film: le montagne che circondano il piccolo paese, la pioggia incessante, gli alberi che sono come tante presenze silenziose ed infine gli animali, unici testimoni delle misteriose entità che dominano quella parte del bosco.
Marco è stato condotto lì da qualcosa a sua insaputa, come in una delle più classiche favole nere, ha oltrepassato il limite del possibile, è stato catturato dal paese incantato, ha cominciato a perdere le cose che si era portato appresso (il camper, gli attrezzi da lavoro, il telefono...), ha iniziato ad indossare gli abiti che trovava nelle case, a dormire nei letti vuoti, a giocare partite a carte lasciate a metà chissà quanto tempo prima... e piano piano le presenze che in qualche modo dominano quelle mura e quei boschi si sono fatte vedere e sentire.
Intanto il racconto di un vecchio abitante del paese, cerca di spiegare la genesi di tanta mostruosità.
Vedere “Oltre il Guado” è come sfogliare un libro di favole, ben illustrato, pieno di particolari, che fanno volare con la fantasia a livelli altissimi.
Lo stato di isolamento del naturalista da al film quel senso di angoscia sufficiente per poter comprendere (e ammettere) l'orrore di un orologio che si ferma, una goccia d'acqua che martella, la paura di ciò che non si vede ma che si sospetta.
Marco ad un certo punto capisce che non può tornare indietro, si fa quasi custode del paese cercando di arrivare a capo di una storia che ha appena intuito: la presenza di due bambine che lo osservano, che si cibano di carcasse di animali... che giocano con gli alberi.
Cosa è reale e cosa è solo il frutto di un isolamento forzato in stato di forte disagio? Il film gioca molto su questo, certe forze maligne si riescono a sprigionare quando c'è la predisposizione a riceverle, e una volta liberate la loro forza è prorompente.
Bianchini, insieme alla sorella Michela, scrive un film complesso e molto articolato, fatto di atmosfere e situazioni angoscianti. Utilizza oramai con maestria la macchina da presa, soffermandosi su particolari apparentemente insignificanti ma carichi di simbolismi, si nota con questo suo ultimo lavoro uno stile sicuro e direi anche personale.
In un periodo in cui i film horror sono uno la fotocopia dell'altro, in cui con la scusa dell'omaggiare e citare si riciclano storie trite e ritrite, finalmente con questo “Oltre il guado” ho intravisto un barlume di novità.
Lorenzo Bianchini gira ancora nella sua terra friulana, si concentra molto sulla regia e come al solito ogni piccolo dettaglio ha un suo preciso collocamento nella storia (a partire proprio dal titolo).
Bellissima la fotografia fredda, quasi a far percepire il clima invernale e ostile che si respira nel film.
Ottima la colonna sonora originale di Stefano Sciascia, che sottolinea i passaggi più intensi e angoscianti completamente privi di dialoghi.
La musica non poteva essere sottovalutata, ha infatti un compito importantissimo per la buona riuscita del film.
Bravissimo l'unico attore presente Marco Marchese, una sorta di Jack Torrance di montagna, un physique du role perfetto per la parte. Giusta intensità di espressioni e di coinvolgimento.
Lo consiglio a chi ama il genere horror, ma anche a chi vuole vedere all'opera un nuovo nome (per me di talento) del cinema italiano.
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