Regia di Billy Wilder vedi scheda film
Sabrina è la graziosa figlia di un autista che lavora per una famiglia di imprenditori ricchissimi. Dei due rampolli di casa, la ragazza si innamora del più giovane; va quindi a Parigi per studio, ma al ritorno scopre di amare l'altro.
La trama è esile e il lieto fine garantito, ma come sempre in Wilder si va oltre alle apparenze, in questo caso per studiare da vicino una società classista e spietata, piena di pregiudizi come quella degli Stati Uniti. Ovvero la terra delle opportunità: ma quali opportunità può avere una ragazza povera, se nonostante gli sforzi compiuti – anche economici – per 'entrare in società', si ritroverà perennemente a essere etichettata come 'la figlia dell'autista'? Il ricco che sposa il povero è democratico, ma il povero che sposa il ricco non viene definito tale: la morale di Sabrina è racchiusa tutta in questa battuta del film. Poca cosa, d’accordo, come è poca cosa a tutti gli effetti la fiaba imbastita da Billy Wilder e dai suoi co-sceneggiatori Ernest Lehman e Samuel A. Taylor (da una commedia di quest’ultimo, intitolata Sabrina fair), ma la confezione riesce a fare la differenza, oltre ovviamente al nucleo centrale del cast. Graziosa, ma sempre un po’ insipida Audrey Hepburn, ottimo nel gigioneggiare William Holden, mentre risulta stranito Humphrey Bogart in un ruolo sentimentale e soprattutto un po' cresciutello per la parte. Ha una ventina d'anni più di Holden, ovvero suo fratello minore, e trenta esatti più della Hepburn: è una questione di credibilità, e la cosa non sfuggì a Wilder, che – pur dubbioso sulla scelta di Bogart – non riuscì a ottenere il nome che desiderava (Cary Grant) e si dovette accontentare, generando però una situazione difficile sul set. Più tardi lo stesso Bogart ammise di non sentirsi a suo agio in questo ruolo e di non aver apprezzato i colleghi di set. Arriverà in ogni caso l'Oscar, ma solo per i costumi: comprensibile. 5,5/10.
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