Regia di Sabina Guzzanti vedi scheda film
A un certo punto, nel risalire al ruolo della mafia fin dai primordi della nostra repubblica, la Guzzanti ci mostra un frammento di Salvatore Giuliano di Rosi, nella celeberrima sequenza di Portella della Ginestra. Indotto da questo, mi è venuto da pensare che la regista ha estremizzato il procedimento usato parzialmente da Rosi per Il caso Mattei, con il film e i suoi preparativi che vengono proposti di pari passo. In fondo, così come l'omicidio del presidente dell'ENI fu il frutto di un tradimento perpetrato da pezzi (forse deviati, forse chissà quale era la direzione giusta) dello Stato, anche la trattativa con la mafia di Provenzano, portata avanti da Ciancimino, non fu altro che un tradimento nei confronti del nostro paese tutto e in particolare verso coloro che hanno combattuto in prima linea la malavita organizzata.
Oramai Sabina Guzzanti ha smesso perfino di provare a far ridere: è un'artista incazzata in servizio permanente effettivo. Qui mette insieme interviste originali e di repertorio con ricostruzioni sceniche di interrogatori o di altre sequenze desunte da deposizioni dei protagonisti e dei testimoni. Tutti fatti gravissimi: omicidi, stragi, ricatti e depistaggi. Eppure, in un paio di casi almeno, si ride, perché la comicità è nelle cose, nella naturalezza e nell'improntitudine con la quale certi personaggi ammettono le proprie responsabilità o sviano le indagini. Basti pensare al dialogo tra il generale dei Carabinieri Mori e il colonnello Riccio sui GSM americani ed italiani, oppure alla ricostruzione dell'incontro milanese, organizzato da Marcello Dell'Utri, tra i boss mafiosi e Silvio Berlusconi, con quest'ultimo prevedibilmente impersonato dalla stessa Guzzanti, dotata di tanto di pitta anni Settanta sul coppino. Ma fa ridere, amaramente, anche l'intervista di un vero mafioso, debitamente mascherato, il quale afferma che difficilmente l'ex Cavaliere sarebbe potuto essere arruolato nelle file della mafia, in quanto, sostanzialmente, troppo poco serio.
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