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La trattativa

Regia di Sabina Guzzanti vedi scheda film

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La recensione su La trattativa

di barabbovich
9 stelle

Tra il 1992 e il 1993 l'Italia fu teatro di un periodo difficilissimo: da un lato lo smantellamento del vecchio sistema politico (di fatto poi rimasto vivo e vegeto) sotto i colpi di mannaia della giustizia; dall'altro, l'attacco della mafia allo Stato, ai suoi vertici, ai suoi rappresentanti, al suo patrimonio culturale. Ci furono molti cadaveri eccellenti in quella stagione, ma le morti che sono rimaste impresse nella memoria di tutti sono quelle di Falcone e Borsellino. Poi, dopo altri attentati dinamitardi e la fallita strage allo stadio Olimpico di Roma tutto, di colpo, si fermò. Come mai? Sabina Guzzanti, che già con Viva Zapatero, Le ragioni dell'aragosta e Draquila, in un crescendo continuo, aveva dimostrato di avere assimilato a meraviglia la lezione documentaristica di Michael Moore, firma stavolta un film (del quale ha scritto soggetto e sceneggiatura) che è un autentico capolavoro: non solo per i meriti morali, altissimi (la visione dovrebbe essere resa obbligatoria nella scuole), ma anche per quelli squisitamente cinematografici. Coadiuvata da un nugolo di "lavoratori dello spettacolo", da un ispiratissimo Nicola Piovani alle musiche e da un Daniele Ciprì alla fotografia che più creativo non avrebbe potuto essere, la Guzzanti palesa il gioco della docufiction - un po' sulla scorta di Blu notte di Lucarelli, con molta professionalità ma anche qualche cedimento al macchiettismo - miscelando senza soluzione di continuità materiale di repertorio ed efficacissime ricostruzioni di finzione. Attenutasi rigorosamente agli atti processuali grazie al lavoro preventivo di uno stuolo di avvocati che hanno scongiurato qualsiasi possibilità di denuncia (dentro ci sono i mammasantissima come Napolitano, Mancino e Berlusconi), la Guzzanti aggiorna la lezione di Petri e Rosi costruendo un pamphlet ironico, dal ritmo serratissimo, eppure di esemplare chiarezza: ne emerge il quadro desolante, ben noto a chi, nell'ultimo ventennio, non è rimasto a dormire sotto l'influsso dell'incantamento catodico. Quello di un paese che, in occasione di quella drammatica transizione, attraverso una trattativa scellerata portò - grazie alla complicità di massoneria, destra eversiva e servizi segreti - la mafia direttamente nei palazzi del potere, innescando il ventennio berlusconiano che fu possibile solo grazie all'irresistibile ascesa di un partito fondato in fretta e furia da un gangster brianzolo mezzo palazzinaro e mezzo comunicatore e da un mafioso tout court come Dell'Utri. Quel partito, che ancora oggi esiste ancora, si chiama Forza Italia.

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