Regia di Zep vedi scheda film
Il fumetto di Zep diventa un cartone animato. Il ragazzino dal lungo ciuffo biondo, già popolare protagonista di una serie a fumetti svizzera, arriva sul grande schermo per raccontarci una love story immersa, in ugual misura, nella favola rosa, nella commedia adolescenziale e nel dramma familiare. Titeuf si innamora di Nadia, ma non osa dichiararsi. Nello stesso momento il matrimonio dei suoi genitori entra in crisi, e sua madre parte con la sua sorellina per concedersi, così dice, una pausa di riflessione. Intanto per Titeuf continuano le disavventure scolastiche, con la maestra che lo tormenta di continuo ed i compagni che non perdono occasione di prenderlo in giro. La sua vita sembra il concentrato dei mali che affliggono i giovani d’oggi, alle prese con una società tanto esigente quanto violenta ed incomprensibile, dove l’unica certezza è la difficoltà delle sfide quotidiane, che richiedono coraggio, forza d’animo ed anche – perché no - una buona dose di fantasia. La creatività è la principale forza di un personaggio fondamentalmente timido ed insicuro, che spesso si rifugia nel regno virtuale dei sogni ad occhi aperti e dei videogame, perché ciò che riesce a costruire con la mente non trova riscontro nella realtà, mai così fantastica come egli vorrebbe, né poi così terribile come la dipingono le sue infantili paranoie. Nel suo universo, la caricatura e lo stereotipo sono le proiezioni, ingigantite e stilizzate, del suo approccio ingenuo, estremizzante e semplificatore, verso un mondo dominato dalla diversità, dalla distanza e dalla inafferrabile complessità di quelle che gli vengono ripetutamente presentate come le misteriose cose dei grandi. Il suo cervello non smette mai di elaborare gli enigmatici input di un ambiente che ama parlare in codice, usando metafore, allusioni, iperboli e deformazioni ironiche che egli crede di dover prendere alla lettera. Il suo sguardo primitivo, non ancora contaminato dalla malizia degli adulti, arriva dunque a mettere a nudo le contraddizioni di un modus vivendi contrassegnato dalla incomunicabilità: un generale atteggiamento di chiusura, in base alla quale ci si arrabbia e ci si irrigidisce su posizioni preconcette senza neppure tentare di capire le vere intenzioni e l’effettivo stato d’animo della persona che si ha di fronte. L’equivoco, visto attraverso la fervida immaginazione di un piccolo genio incompreso, si tinge dei colori grotteschi di una fiaba horror, assumendo accenti in parte teneri, in parte comici. Questa ambiguità è il margine di illusione che trasforma l’esistenza in un’avventura appassionante, piena di motivi per morire di paura o per sperare con tutta l’anima. E questo film d’animazione usa l’infinita malleabilità del disegno per trasformare in forme ed in colori i mille affanni, tristi e gioiosi, che fanno battere forte il cuore.
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