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Sabato domenica e venerdì

Regia di Sergio Martino, Pasquale Festa Campanile, Castellano & Pipolo vedi scheda film

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La recensione su Sabato domenica e venerdì

di Dik
4 stelle

Una pellicola modesta, formata da tre episodi indipendenti tra loro, scritti e sceneggiati da Castellano (Franco Castellano) e Pipolo (Giuseppe Moccia), ma diretti da registi differenti.

 

"Sabato" di Sergio Martino. Con Lino Banfi (Pasquale Zagaria), Edwige Fenech, Milena Vukotic, Daniele Vargas (Daniele Pitani).

Un impiegato, è costretto dal proprio direttore a sacrificare il weekend al mare con la fidanzata per poter andare a prendere all'aeroporto un importante ingegnere giapponese. Scoprirà che l'ingegnere è una bellissima donna, ma l'isterica compagna mangerà subito la foglia.


"Domenica" di Pasquale Festa Campanile. Con Michele Placido, Barbara Bouchet (Bärbel Gutscher).

Un camionista distrutto dalla fatica e dal sonno, non trova il modo di riposare; si ritrova a salvare una donna che si vuole suicidare e gli tocca pure far finta di essere suo marito.


"Venerdì" di Castellano e Pipolo. Con Adriano Celentano, Lova Moor (Marie-Claude Jourdain), Ernst Thole.

Idolatrato dalla folla, un impresario, creatore del famosissimo balletto "Les porte-bonheur", vede sfuggirgli all'improvviso la prima ballerina, la quale ha intenzione di sposare un gangster. Tenterà l'impossibile per riportarla nel suo corpo di ballo.


Il primo episodio è il migliore, ma un discreto soggetto (mal gestito in fase di sceneggiatura) e qualche buona scena slapstick, non bastano a fargli raggiungere la sufficienza. Banfi è lontano dalla sua forma migliore ed i cinque minuti in cui la Fenech indossa una vestaglia trasparente, non lasciando nessuno spazio all'immaginazione, non cancellano la restante parte; vestita da geisha con un'improbabile parlata giapponese, esperta di arti marziali, è completamente fuori parte. Per quanto riguarda la Vukotic e Vargas, sono troppo sopra le righe.

Particine per Lory del Santo (Loredana del Santo) ed un'esordiente Maria Teresa Ruta: la prima è l'amichetta del direttore, mentre la seconda, con la camicetta sbottonata fino all'ombelico, ne è la segretaria.

Girato a Roma e nell'hinterland milanese.

 

Il secondo episodio è una fiacca e noiosa pochade diretta in modo anonimo da Festa Campanile con i due protagonisti completamente fuori ruolo. Placido è assonnato ed annoiato più del personaggio che interpreta, mentre la Bouchet, poco credibile come siciliana, si spoglia solo nei secondi finali... quasi se ne scordava.

Girato a Milano ed hinterland.

 

L'ultimo episodio è a discrezione dello spettatore: tollerabile (ma non di più) se si gradisce Celentano anche per la sua carriera cinematografica, inqualificabile e da evitare come la peste, per chi vede il Molleggiato solo come un grande cantautore. Diretto dai fidati Castellano e Pipolo, l'artista milanese dà sfogo a tutto il suo egocentrismo ed alla sua comicità nonsense; alterna buone idee ad altre inguardabili (ed inascoltabili) ma ha ancora il pregio, a differenza di alcuni lavori successivi, di riuscire a non prendersi troppo sul serio. Ci si può lustrare gli occhi con i balletti delle ragazze del Crazy Horse, è vero, ma è comunque troppo poco.

Constantin (il personaggio interpretato da Celentano) ed il suo corpo di ballo soggiornano al Grand Hotel Villa Serbelloni a Bellagio (CO), mentre le prove le fanno al Teatro Bonoris di Montichiari (BS).


Musiche orecchiabili di Mariano Detto che, insieme a Castellano e Pipolo, scrivono la canzone "Constantin" cantata da Adriano Celentano ed anche "La megghiaire sfaticata" e "Ce vuò ce fè" cantate da Leone Di Lernia (che partecipa anche alla scrittura).

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