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Vizio di forma

Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film

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La recensione su Vizio di forma

di laulilla
9 stelle

Il film, tratto da Inherent vice, romanzo Di Thomas Pynchon, pubblicato in Italia nel 2011 dall’editore Einaudi, con lo strabiliante titolo Vizio di forma, mantenuto poi dai distributori italiani del film (strano, eh!). Il significato è opposto: difetto intrinseco alla natura stessa dell'oggetto che per questa ragione non può viaggiare assicurato.

 

 

California – 1970.  

 

Il detective privato Doc Sportello (Joaquin Phoenix) aveva visto ricomparire, nella sua casa alla periferia di Los Angeles, la donna che da un anno l’aveva lasciato, la bella Shasta (Katherine Waterston), sempre che si trattasse davvero di lei e non di un’allucinazione, non impossibile per lui, vecchio hippy alla ricerca continua di trip da marijuana.

La donna, come in passato molto sexy e bellissima, adesso era anche insolitamente elegante nel vestire, segno che se la stava passando piuttosto bene, sebbene il suo sguardo tradisse una certa inquietudine ansiosa, che a Doc non era sfuggita.

Egli aveva creduto perciò alla richiesta di aiuto di lei (la vecchia fiamma non si era ancora spenta nel suo cuore), che, a sentirla, affermava di essere stata coinvolta, suo malgrado, in un oscuro complotto contro Mickey Wolfmann, il ricchissimo amante e potente boss dell’edilizia californiana, la cui moglie Sloane stava tramando per ricoverarlo in manicomio e impadronirsi del suo patrimonio. L’indagine che Doc aveva avviato nell’intento di sventare la macchinazione era arrivata un po’ tardi, poiché Mickey Wolfmann era sparito all’improvviso, e quasi contemporaneamente era sparita anche la bella Shasta, mentre con grande tempestività piovevano su di lui intimidazioni e minacce di ogni tipo e strani personaggi, collegabili a Wolfmann, mostravano di conoscerlo assai bene.

Si stava creando, dunque, intorno a Doc un clima confuso, oscuro, allusivo di chissà quali colpe, senza cause plausibili, alimentato da  poliziotti ambiziosi, probabili spie e agenti federali, in un crescendo di situazioni grottesche e intricate, dalle quali pareva sempre più difficile uscire.

 

Attenendosi abbastanza fedelmente al romanzo Inherent Vice*, dello scrittore americano Thomas Pynchon (una delle poche voci rimaste fra quelle degli hippy degli anni sessanta), il regista Paul Thomas Anderson, dopo il bellissimo The Master ci offre con questo racconto un altro grande scorcio della storia americana, agli inizi degli anni ’70, alla vigilia del Watergate. 

Intriso di ironico umorismo l’intreccio, in origine abbastanza  lineare, è reso, come nel romanzo, vieppiù complicato per gli innesti progressivi di altre vicende, secondarie ma non inutili, che ne dilatano i contorni. 

 

La storia di Mickey Woolfmann, lo spregiudicato palazzinaro che aveva sfigurato Los Angeles, costruendo brutte case con vista sull’immondizia, arricchendosi con sistemi truffaldini e circondandosi di balordi neonazisti, diventa in tal modo, a poco a poco, il ritratto di un’intera città, sarabanda di corrotti e corruttori, di società segrete simil-massoniche, che, nascondendo le loro attività criminali dietro cliniche odontoiatriche o centri per il benessere, offrono copertura a qualsiasi tipo di illegalità, dal traffico internazionale di droga, a quello delle minorenni, al rapimento delle persone facoltose, depredate delle loro ricchezze e della loro identità, e allontanate dal mondo e dalla società.

Tutto ciò era potuto accadere grazie alla complicità di politici compiacenti, di giudici poco interessati alla giustizia, nonché di agenti di polizia locale e federale che miravano ad arricchirsi e che si muovevano come schegge impazzite di un opaco e bulimico sistema di potere, pronte a scatenare guerre sanguinose contro i piccoli trasgressori di mezza tacca, come il povero Doc Sportello, tenace fumatore di spinelli e detective paziente e più determinato di quanto si creda.

 

La Los Angeles di Pynchon-Anderson è anche l’ironica metafora di un gruppo di potere, violento e intollerante, che, azzerata la voce degli oppositori, in seguito ai delitti che nel corso degli anni ’60 avevano tolto di mezzo, a una a una, le personalità democratiche più prestigiose, non accettava, ora, neppure il dissenso della voce alquanto sfiatata degli ultimi hippy, che assai debolmente avevano cercato di cambiare il mondo.

 

Il film, bellissimo e anche divertente nella sua grottesca bizzarria è arricchito da un diffuso, quanto insolito, colore psichedelico della bellissima fotografia Robert Elswit e dalla musica suggestiva di Jonny Greenwood. È, inoltre interpretato superbamente da Joaquin Phoenix e da tutti gli altri attori, fra i quali si distingue, sopra ogni altro, Josh Brolin, nella parte di Big Foot, il poliziotto carrierista, sempre sconfitto ed eterno perdente, mentre brevemente compaiono Benicio Del Toro (Sauncho Smilax) e Owen Wilson (nella parte ambigua di Coy Harlingen).

——–

*Il romanzo, tradotto in lingua italiana e pubblicato nel 2011 dall’editore Einaudi, porta lo strabiliante e inesatto titolo, immediatamente utilizzato (che strano!) dai distributori italiani del film Vizio di forma. Inherent vice, invece significa l’esatto contrario: è il vizio connaturato ad alcuni oggetti che, proprio in quanto portatori di certe caratteristiche intrinseche (la fragilità, per esempio), vengono esclusi da qualsiasi forma di assicurazione.

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Ultimi commenti

  1. Marcello del Campo
    di Marcello del Campo

    *Si direbbe che i due ultimi libri di Thomas Pynchon non valevano nemmeno lo sforzo, da parte dell’editore italiano, di trovare un titolo equivalente all’originale. Già “Vizio di forma” per “Inherent Vice” è inesatto e fuorviante, ma addirittura incomprensibile risulta la decisione di rendere “Bleeding Edge” con “La cresta dell’onda” (traduzione di Massimo Bocchiola). È un sintomo indicativo, anche perché si accompagna a ottime traduzioni, e non è quindi imputabile a sciatteria editoriale. A volersi spremere il cervello la soluzione ci sarebbe nei libri stessi, acquattata in qualche digressione o in qualche dialogo brillante. “Bleeding edge”, per esempio, è intraducibile letteralmente ma l’edizione spagnola ha una soluzione molto intelligente: “Al límite”. Il problema però è un altro: il tasso di irrilevanza raggiunto dalla prosa di Pynchon nelle sue ultime opere è tale da rendere abbastanza vane e accademiche certe disquisizioni. Non è importante il libro, non è importante il titolo. No perché oltre il titolo, sulla copertina c’è pur sempre quel nome, Thomas Pynchon, che per molti di noi nati nel Novecento è sempre stato, e continuerà a essere, il sinonimo stesso della grandezza letteraria e per dirla in una parola del genio, con tutto il suo carico di prodigio, ambizione e follia…” [Emanuele Trevi – Il Manifesto, 20/10/2014]

    1. laulilla
      di laulilla

      Grazie mille per l'importante chiarimento circa il titolo, che infatti mi lasciava perplessa, se non per il film (siamo abituati al peggio), per il romanzo, ritenendo strano e incredibile che le traduzioni di Einaudi fossero così imprecise. Le parole di Emanuele Trevi sono come sempre molto illuminanti. Un saluto

    2. mck
      di mck

      "Overstory": "Canopea"?
      Macché: "il Sussurro del Mondo". Cariiino.

    3. laulilla
      di laulilla

      Vedo che l'hai messo in bella evidenza nell' immagine di presentazione. Cariiino?

    4. mck
      di mck

      Mado', "Cariiino" è il titolo tradotto dal Potere dei Più Buoni.
      Il romanzo è meraviglioso.

      __Se__ devi iniziare con Powers, però, ti consiglio di recuperare tra i remainders "Gain" (rititolato da Fanucci... and the winner is... "Sporco Denaro"...).
      Poi, il Tempo di una Canzone, il Fabbricante di Eco, Tre Contadini che Vanno a Ballare e il Dilemma del Prigioniero sono altrettanto splendidi.

    5. laulilla
      di laulilla

      Grazie dei suggerimenti!

    6. laulilla
      di laulilla

      @matteo. Il sussurro del mondo è già sul mio ebook; per gli altri che mi consigli ho trovato, sempre in edizione elettronica Gain, purtroppo nella versione francese; perciò vedrò se fra remainders e i bouquinistes riuscirò a trovare qualcosa di meglio. Grazie .

    7. mck
      di mck

      Se inizi con the Overstory... vacci cauta. Dopo Plowing the Dark (che ancora mi manca... assieme alla trad. ital., e speriamo in Elisabetta Sgarbi e soci...) e the Time of Our Singing, Powers è diventato... LO scrittore (U.S.A.), non più ingabbiato nel massimalismo postmoderno, "superando" tanto i fermi, poi resisi defunti(P.Roth), quanto i "giunti" (DeLillo, Pynchon, McCarthy). I suoi primi romanzi li trovo più freschi e al contempo vasti (Three Farmer..., Prisoner's Dilemma), the Overstory... val bene un Pulitzer, ma per "viverlo" meglio, secondo me è necessario aver letto i primi.
      Poi, Gain, lo considero un giro di boa, punto di svolta e non ritorno: eccezionale (forse su e-bay...).
      I nuovi, da il Tempo di una Canzone in poi, dovrebbero essere facilmente reperibili.
      Ciao, e grazie a te...

      PS. Se interessa, di/su Powers ho (tra)scritto (collateralmente) qualcosina qui:
      - https://www.filmtv.it/post/13037/glifo/
      - https://www.filmtv.it/playlist/49160/49-parallelo-di-michael-powell-ed-emeric-pressburger--perche/
      - https://www.filmtv.it/film/59908/der-fuehrer-s-face/recensioni/691267/

      (L'impaginazione di alcuni vecchi post è collassata durante la trasmigrazione da CineRepublic a FTv, e nei successivi restyling del sito.)

  2. DavideKingInk80
    di DavideKingInk80

    Ho molto apprezzato, a suo tempo, le "gesta eroiche" (?) di questa sorta di Philippe Marlowe allucinato e lisergico... Mai letto nulla di Pynchon, preferisco, pigramente e vigliaccamente, rifugiarmi nella comoda garanzia di un Chandler (a tal proposito, 'Il lungo addio' cinematografico del sommo Altlman è, per me, opera sopraffina), o, dato che nei commenti è stato "riesumato", di un Roth (di cui 'Lamento di Portnoy' attende, sul comodino, d'esser letto... L'amore nutrito nei confronti di Nick Cave e Warren Ellis, ma non solo ciò chiaramente, mi porta, inevitabilmente, ad ossequiare particolarmente pure McCarthy... Tornando a noi, questo 'Vizio di forma' è un gioiellino proprio, l'ennesimo di P. T. Anderson, un "trip" che scatena i sensi e, in certe condizioni, risveglia l'eros dal torpore... Bel colpo, Lilli, averlo recensito... Ciao!! :))

    1. laulilla
      di laulilla

      "Bel colpo, Lilli, averlo recensito"... In realtà la recensione è vecchia di quattro anni: l'ho riletta dopo aver visto di nuovo il film; ho fatto pochissime aggiunte, dopo di che l'ho riportata qui.
      Pynchon è un grande scrittore e va letto sicuramente, così come Philip Roth che adoro.
      Il lamento di Portnoy è uno dei suoi primissimi romanzi (se non il primo) ed è un romanzo importante, al di là delle polemiche che suscitò a suo tempo e che hanno avuto un peso negativo sulla sua fama di scrittore, probabilmente all'origine del Nobel mancato. Gli accademici di Stoccolma sono molto bacchettoni! Ciao! Grazie del passaggio :))

    2. mck
      di mck

      Bacchettoni (assegnazioni pilotate - bah... -, fondi irregolari, molestie sessuali verso terzi coperte da consorti), ma anche no: Fo, Jelinek, Pinter, Dylan.
      (Poi, mai Nobel fu più ingiustamente rimandato di quello a Roth, e mai Nobel fu più giustamente assegnato di quello a Munro.)

    3. laulilla
      di laulilla

      Non sono complottista, Matteo, però rimandare sine die il Nobel a P.R. non poteva che produrre quell'effetto. Un Nobel come quello a Modiano quando sembrava certissima l'assegnazione a Roth grida vendetta, concedimelo. Poi, credo che anche senza il Nobel, un grande come Roth sarà ricordato, per carità. Per lui però fu un'amarezza protratta. Ciao. :)

    4. mck
      di mck

      Col Bar Perpetuo senza buttafuori ma solo buttadentro dell''internet uno oggi non può far notare l'ovvio - tutti i premi artistici assegnati da giurie valgono quel che valgono: poco, e molto - che subito l'interlocutore si sente in obbligo di dire "IoNonSonoComplottista!" :)))
      Non intendevo suggerire quella possibilità, Laulilla, ma solo argomentare che: ci dobbiamo accollare due Palme - Due!- a Bille August e una a Roland Joffé - Una! -, ma pure varie - una x - a Lynch, Haneke, Tarantino, Moretti, Van Sant, Malick, Kechiche...
      Detto ciò, non posso che ripetere: mai Nobel fu più ingiustamente rimandato di quello a Roth.

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