Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film
Il “vizio intrinseco” è quell'elemento disfunzionale, insito nella cosa assicurata, che può produrre o aggravare il danno: le uova non possono che rompersi, la cioccolata sciogliersi.
Fuori da ogni teoria e definizione, il vizio prende forma nella corruzione, nella brama di arricchirsi a scapito altrui, tramite la irresistibile tentazione di vivere una doppia vita e attirare in trappola il proprio consorte: queste più concretamente sono le intrinseche basi su cui si poggia una società losangeliana di fine anni '60 che fa da sfondo indispensabile alla intricata complessa vicenda: una comunità che vediamo composta da gente benestante e apparentemente bacchettona da una parte, e da una gioventù colorata e hippie dall'altra, intenta quest'ultima a rifuggire i falsi pudori dei propri genitori arricchiti per rifugiarsi nell'ovattato ed accomodante cuscino consolatorio delle droghe e degli amori promiscui vissuti con innocente impudica totalità e pienezza.
Quando una bionda ex fidanzata dal corpo flessuoso e gambe lunghissime e snelle come una cerbiatta (è Katherine Watherson, figlia dell'attore Sam, volto alla Sandrine Bonnaire su un corpo statuario reso regale dalle già accennate superbe membra inferiori) si presenta a casa dello sciroccato, stropicciato e perennemente “sandalato” detective privato Larry Doc Sportello, questa racconta all'investigatore tutta una torbida e torva storia di tradimenti familiari e di complotti orditi ai danno del suo amante, un facoltoso imprenditore immobiliare afflitto da sensi di colpa incontrollabili, dalla moglie e dall'amante di lei, che tenta di interdirlo per rubargli il ricco patrimonio.
Nel frattempo Sportello riceve un altro incarico: quello di rintracciare un uomo svanito nel nulla, che guarda caso si scopre essere la guardia del corpo del potente immobiliarista. Una trama fosca nella quale Larry rimane invischiato, quasi impossibilitato a restare immune ed inflessibile al fascino di quella donna per la quale prova ancora vibrazioni intense.
E' l'inizio di una intricata e labirintica indagine che porta il detective ad essere accusato della morte dello stesso individuo sulle cui tracce si è messo, ma che viene ritrovato cadavere proprio accanto al corpo svenuto del nostro sciroccato e strafatto protagonista, e per questo tenuto sotto controllo dall'energumeno e apparentemente duro ed inflessibile agente Bigfoot Bjornsen (un Josh Brolin duro di scorza, ma con ripensapenti e crolli improvvisi difficilmente preventivabili), col quale instaura un rapporto di svogliata, scostante ma reciproca collaborazione. Sulla griglia molta carne al fuoco, molti intrallazzi tra montagne di droga e cliniche dirette da una associazione di medici evasori fiscali, armi vendute ad associazioni di neri e figlie ribelli che rifuggono dalle proprie famiglie facoltose per poi essere rinchiuse in quelle stesse cliniche regno di perversioni sessuali e uso di sostanze stupefacenti.
Non è proprio semplice e naturale seguire le intricatissime indagini di un detective strampalato e strafatto come il nostro Larry Sportello, per l'occasione reso alla perfezione da un Joaquin Phoenix che, dopo James Gray, diviene l'attore di riferimento anche del grande complesso narratore Paul Thomas Anderson, qui alle prese con un adattamento per nulla scontato dell'omonimo romanzo di Thoman Pynchon.
Atmosfere languide e disincantate di una società borghese che si nasconde dietro falsi paramenti di armoniosa vita di famiglia per vivere di nascosto una vita di piaceri torbidi e proibiti.
Una ironia di fondo e uno stile scanzonato che ricordano il cinema del grandissimo Altman nel suo capolavoro assoluto Il lungo addio, dove tuttavia al Marlowe elegante, alto e distinto seppur un po' trasandato o stropicciato dell'ironico e scanzonato Elliott Gould fa seguito un investigatore basso e malvestito, animalesco come Wolverine e assolutamente inaffidabile col suo ostentare appunti scarabocchiati su fogli riciclati mille volte, che in Phoenix, nel suo corpo asimmetrico ma ciò nonostante bonariamente armonioso e nella sua recitazione animalesca ma raffinata, trovano l'occasione per far toccare al film vette davvero notevoli.
Inspiegabile (ma nemmeno poi tanto se si pensa alla complessità anti-hollywoodiana della storia) come un film di questo calibro possa essere stato completamente ignorato anche solo nelle nomination all'Oscar, almeno per quanto riguarda il regista, magnifico una volta di più, e il suo attore, straordinario e inevitabile.
Una schiera di attori importanti e glamour appaiono in sottofondo in piccole ma fondamentali apparizioni: tra questi Owen Wilson, Reese Wirherspoon, Benicio Del Toro ed il redivivo Martin Short, esilarante ma anche inquietante e viscido dentista-guru con un forte, irresistibile ascendente sulle giovanissime ed avvenenti figlie di papà.
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