Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film
In epoca di supereroi, i fratelli Dardenne, esponenti di spicco di un cinema europeo di qualità, senza costumi o poteri sovrumani, creano la propria eroina. È Marillon Cotillard, nella finzione Sandra (o Sandrà, come la fedele traduzione dal francese riferisce), operaia che prova a riprendersi un lavoro che la spietatezza dei suoi superiori le ha sottratto. A causa della sua condizione depressiva, Sandra deve appellarsi ad una votazione che il lunedì seguente deciderà sul suo reintegro. Due giorni ed una notte per tentare di riprendersi la propria vita. I registi belgi, col loro usuale modus narrandi crudo e asettico, mostrano con chiarezza estrema una guerra dei poveri, sul cui sfondo agiscono caporeparto boriosi e capi del personale distaccati. “Mors tua, vita mea” potrebbe essere il sottotitolo di un film struggente e realistico, al punto da segnalare i Dardenne come (neo)neorealisti, dispensatori di storie non comuni di personaggi (purtroppo) comunissimi, documentaristi ai tempi dello spread.
Situazioni e personaggi vittime di un’ordinarietà straordinaria, disgraziati vicini della porta accanto che rendono quasi automatica l’immedesimazione. Spettatore e protagonisti della pellicola mai così vicini, a tratti sovrapposti. Il tutto anche grazie anche ad un linguaggio asciutto, ad una tecnica cinematografica volutamente nascosta, nel rispetto di una vicenda osservata e ripresa in punta di piedi. Le musiche extradiegetiche, gli stacchi di montaggio, le luci artificiali sono elementi che gli autori provano ad evitare con ostentazione, quasi per paura di raccontare una storia meno realistica del realtà. Ne viene fuori un gran film, raccontato attraverso una impersonalità narrativa che svela il verismo cinematografico degli autori. La Cotillard, prima vera star assoldata in carriera dai Dardenne, emaciata e sciatta, è irriconoscibile e notevole, ma ha la sfortuna di incappare nell’anno in cui Julianne Moore interpreta un personaggio che manda l’Academy in brodo di giuggiole, e che consegna (giustamente, tuttavia) la statuetta per la migliore attrice protagonista alla commovente interprete di Still Alice.
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