Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film
Sandrà è reduce da un periodo di malattia dovuta ad una brutta depressione. Lavora alla Solwall, una ditta che fabbrica pannelli solari, il capo ha proposto agli altri dipendenti un bonus di 1.000 euro in cambio del suo licenziamento. Decisa o quasi a rientrare a lavoro, grazie all’aiuto e interessamento di una collega, ottiene la possibilità di rivotare a scrutinio segreto la sua riassunzione. Avrà due giorni e una notte per convincere i colleghi a votare per lei.
La trama detta così è riduttiva e semplificata. I fratelli Dardenne, meglio di un saggio del sociologo del lavoro Luciano Gallino, ci spiegano e mostrano in un’ora e mezza che cosa è diventato il lavoro nel terzo millennio: una lotta tra poveri, un’umiliazione continua (come quella che compie la protagonista sostenuta dal marito Manu), una “prostituzione” della propria dignità per conservare il posto di lavoro. Osserviamo con quale reverenza, rispetto che è solo timore (non esattamente servilismo) Juliette (la parte sindacale per certi versi) parla col padrone Dumont. Nessuno prende in considerazione l’idea di protestare contro una decisone così assurda e ingiusta. Un bonus di mille euro invece che l’assunzione di una risorsa umana. Questo è lo stato attuale del lavoro, questo è lo stato letargico delle coscienze a cui scivola tutto addosso o che tutto assorbe. Non si pensa più alla ribellione, piuttosto come fanno padre e figlio si preferisce menarsi tra loro invece che ragionare e agire contro chi di dovere. E’ cambiato tutto, in peggio. Un caporeparto caporale che fa gli interessi del capo, semina zizzania e mette uno contro l’altro gli operai. E’ questa la (non) lotta di classe dei giorni nostri. La conclusione è una beffa, un sorriso che si spegne, una speranza destinata a morire. Un contratto a tempo determinato non rinnovato equivale a un licenziamento, non a un semplice ricambio spacciato per nuovo posto di lavoro. Ci cambiano i termini, le carte in tavola ma non cambia la sostanza. Nel finale, il sussulto d’orgoglio e di dignità di Sandrà chi è davvero disposto a farlo?
DUE GIORNI, UNA NOTTE ha lo stile sudato ed essenziale dei Dardenne, che non è altro che un aggiornamento contemporaneo della poetica del pedinamento quotidiano di Zavattini e De Sica. Senza più poesia, purtroppo. Cronaca cinematografica autentica che indigna e induce alla riflessione. Che ne sarà di noi uomini merce?
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