Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film
Sandra (Marion Cotillard), a casa dal lavoro per curare una forte depressione, apprende che, a seguito di una votazione nella fabbrica dove lavora, ai suoi colleghi è stata data l'opzione tra il suo licenziamento e la possibilità di usufruire di un bonus di 1000 Euro una tantum e in 13 su 16 hanno votato per la seconda opportunità: ma l'indomita Juliette, collega-amica (Catherine Salée) che l'ha informata riesce ad ottenere per il lunedì successivo - nell'incipit del film siamo a venerdì - un'ulteriore votazione, dato che nella prima i dipendenti erano stati influenzati dal caporeparto (Olivier Gourmet, il cui personaggio è evocato più volte nel corso del film ma ha un'unica apparizione-cameo verso la fine) e, a questo punto, alla fragile donna, restano 'Due giorni, una notte' per ribaltare la scomoda e, vista la freddezza matematica dei numeri a suo sfavore, disperata situazione.
L'ultima fatica dei fratelli belgi è un'odissea che analizza in modo rigoroso e senza cadute nel sentimentalismo una storia che può tranquillamente aspirare ad emblema della crisi contemporanea nel mondo del lavoro, in questo frangente analizzata dal punto di vista dei più deboli, costretti, loro malgrado, ad una 'guerra tra poveri' dove letteralmente vale il principio Mors tua vita mea.
Nei reiterati incontri di Sandra con i colleghi in cui la donna a volte implora e a volte chiede semplicemente di votare per lei, veniamo a conoscenza di una fauna umana piuttosto eterogenea per carattere e reazioni opposte alla richiesta (taluni dicono chiaramente di no, altri fanno addirittura a botte, talaltri rimangono nel vago e qualcuno o si commuove o cambia idea ponendo fine al suo matrimonio) ma accomunata dal fatto che quel posto di lavoro rappresenta per essi l'unica ancora di salvezza per cercare di tirare avanti nelle difficoltà (soprattutto economiche) di tutti i giorni, come ad esempio l'affitto da pagare, le rate del mutuo per la casa, le tasse scolastiche dei figli, le bollette.
I Dardenne, ponendo la questione in questi termini, minano la struttura economica dalle sua fondamenta e continuano imperterriti il loro percorso autoriale con una regia impostata sul 'pedinamento' della protagonista perennemente in scena e seguita da vicino, ossessivamente, con dei lunghi piani sequenza nel suo peregrinare per le strade della cittadina, una Marion Cotillard - che ottiene a sette anni di distanza dall'Oscar per 'La vie en rose' una seconda candidatura, nonché il premio agli European Awards e che, nonostante la sofferenza del ruolo non riesce a non essere bella - che rende con credibilità questa donna fragile, vittima della depressione che, in un momento di disperazione totale, la spinge verso un gesto 'estremo' - risolto dagli autori con un'elegante ellissi per evitare (facili) cadute di tono - che, per fortuna, non avrà gravi conseguenze, ma disposta a lottare per il suo posto di lavoro e dotata di una sua etica che la contraddistinguerà nel finale.
Da notare anche l'usuale assenza del ricorso a una musica off, dato che gli unici momenti in cui si sentono delle canzoni provengono da fonti all'interno dell'inquadratura, e cioè l'autoradio della macchina che il marito Manu (Fabrizio Rongione) usa per accompagnare Sandra nei suoi spostamenti alla ricerca del consenso dei colleghi.
Un altro gioiello che arricchisce un percorso fatto sino ad ora unicamente di bei film da parte di Jean-Pierre e Luc Dardenne.
Voto: 8.
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