Regia di Jean-Jacques Annaud vedi scheda film
https://www.youtube.com/watch?v=B5paW52EfgM&list=PLH9C08qrQ7S4Lz33WlPwYUKCRGaNoKJlF&index=1
Per certi versi Wolf Totem non è nient’altro che l’ennesima opera che descrive il difficile rapporto fra l’uomo e la natura ferina. L’equilibrio spezzato fra la civiltà, ai suoi prodromi (da un lato) e le forze, visibili e non, che governano il mondo e le sue creature (dall’altro).
La fragilità di un rapporto (ed un equilibrio) già oggetto, dunque, di numerose altre narrazioni cinematografiche… ma che stavolta viene riproposto da un angolo visuale che, per quanto (a quanto pare) ben noto nelle terre di produzione del film, lo è assai meno dalle nostre parti, dove certi costumi e regole di condotta sono spesso ignorati o, peggio, guardati con sospetto. Stavolta, infatti, si aggiunge la sana curiosità per un curioso pezzetto di storia del Far East - immerso in atmosferiche esotiche di atavica bellezza (emil), - tornato alla ribalta dopo che l’oblio del tempo aveva sfumato il ricordo per la feroce e leggendaria epicità delle gesta degli avi dei popoli di oggi.
Un’opera, L’ultimo lupo, contenutisticamente foriera di cultura e conoscenza (per cui sarebbe riduttivo rintracciarne unicamente la chiara impronta ecologista), ma anche dal fortissimo impatto estetico.
Ed invero a catturare l’attenzione provvede anzitutto la messa in scena estremamente suggestiva, in particolare per una fotografia sublime - degna del miglior National Geographic – che riesce ad immortalare la Mongolia in attimi di estrema purezza (emil). A volte, in effetti, finanche le stesse riprese presentano una chiara fattura documentaristica, ma, ciò nondimeno, riescono a fondersi molto bene, nelle sequenze più adrenaliniche, con quelle valorizzate dagli effetti visivi e speciali.
Il tutto a beneficio dell’unicità e dell’intensità della storia.
Un’opera meritoria, dunque, degna di essere diffusa anche (se non soprattutto) fra le genti culturalmente ad essa più distanti.
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