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Arrivano i bersaglieri

Regia di Luigi Magni vedi scheda film

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La recensione su Arrivano i bersaglieri

di lamettrie
8 stelle

Un gran bel film, un classico alla Magni, per due motivi: 1) la lettura storica perfetta (per quanto volutamente ignorata) sull’unità d’Italia; 2) l’inscrizione di tutto ciò in una storia da manuale del melodramma, con implicazioni sentimentali e psicologiche eccellenti. Il perfetto “romanzo storico”, qua sul 1870, che Magni ha proposto in modo eccellente in almeno altre quattro varianti (“Tosca”; “Nell’anno del Signore” e “In Nome del papa re”, sugli errori e gli orrori dello stato della Chiesa; “In nome del popolo sovrano” sul ’48).

La lettura storica è l’aspetto più rilevante. Tutti i reggenti (qui il papa, per ultimo) hanno avuto bisogno di una finta rivoluzione, quale quella che i Savoia offrivano dal ’48 almeno: qualche diritto in più per giustificare il consenso popolare, ma assieme anche tutto il necessario per evitare la vittoria di coloro che erano l’unico, vero problema della classe dirigente di allora (e di quella del futuro, cioè la grande borghesia, che di lì a pochi decenni prenderà il potere in Italia, come del resto altrove, nel ‘900): l’unico vero pericolo era l’uguaglianza nei diritti, quindi la democrazia, e quindi indirettamente la repubblica. I democratici dovevano perdere, e i privilegi iniqui dell’aristocrazia e della monarchia dovevano rimanere: i Savoia hanno offerto questo, coprendolo con l’illusione di maggiori “garanzie liberali”, che si potesse accettare anche da parte dei più miti (e quindi anche dei più codardi) di coloro che volevano cancellare la secolare disumanizzazione aristocratica. E i miti (spesso tali per nasconder meglio la loro codardia), in Italia hanno sempre fato la maggioranza, si sa.

Infatti, all’epoca “Garibaldi era in esilio a Caprera, mentre Mazzini in carcere a Gaeta” (i democrattci erano stati usati per creare dissenso, e poi buttati via quando chiedevano il rispetto di ciò per cui avevano lottato); tutto per volontà degli italiani (i Savoia, lì), che “hanno sempre perso con tutti, tranne che con noi” (dove “noi” sta per i papalini, che il solito, strepitoso Tognazzi può dire a buon diritto che sono stati traditi dal loro stesso re, il papa). I Savoia hanno preso l’Italia agendo da colonialisti (per poi pentirsi di averne conquistato certe parti), non certo per riconoscere davvero i diritti delle persone. La lettura non fa una piega.

L’intreccio sentimentale; i colpi di scena della trama; il rigore nella ricostruzione filologica degli eventi, anche per scenografia e costumi; un finale memorabile; un cast ottimo: tutto ciò non può che nobilitare questo film, pur così sottovalutato, come del resto è capitato (non a caso) a tutta l’opera magniana.

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