Regia di George Mihalka vedi scheda film
Film canadese del 1981 diretto da George Mihalka e scritto da John Beaird su un soggetto del produttore Stephen Miller, "My Bloody Valentine" segue la crescente ondata di successo del filone slasher e, nello specifico, del topos 'vacanziero' optando, appunto, sulla smielata festa di san Valentino. Girato in parte in un'autentica miniera (con conseguenti problemi tecnici), alla sua uscita, con nove minuti di tagli, il film non incassò in modo sufficiente per la Paramount e fu criticato per la sua violenza, ma con gli anni acquistò, come altri slasher del periodo, uno status di cult ottenendo anch'esso un remake targato Lionsgate: quest'ultima, tra l'altro, distribuì una versione della pellicola ottantiniana in cui si reintegravano alcuni tagli e questa dovrebbe essere l'edizione da me (ri)vista, poiché le scene più cruente erano caratterizzate da una patina differente rispetto al resto del materiale.
Comunque, alla mia prima visione "My Bloody Valentine" mi colpì positivamente, trovando ben caratterizzati i personaggi, buona la regia e un finale soddisfacente le mie aspettative, nonostante l'uccisione di uno dei miei personaggi preferiti. Riguardandolo, confermo bene o male le buone impressioni, anche se nel 'triangolo d'amore' ho riscontrato qualche perplessità, più che altro per una certa 'mascolinità tossica' nell'intreccio di gelosie tra T.J. e Axel nei confronti di Sarah, in cui però da un'altra prospettiva ho colto alcuni possibili spunti di riscatto femminile, soprattutto nella rappresentazione simpatetica della sofferenza provata dalla ragazza nel sentirsi oggetto di contesa, e questa interpretazione potrebbe essere confermata dalla messa in scena palesemente (per me) negativa del comportamento dei due maschi, che non a caso forse si contenderanno fino alla fine la possibilità di essere scoperti killer.
Comunque, "My Bloody Valentine" resta un buono slasher d'inizio anni '80 ancora però immerso nell'estetica 'ribelle' degli anni '70, con tanto di cornice 'proletaria' in cui si possono trovare, specialmente nei flashback su Harry Warden, frecciatine sulla sicurezza dei posti di lavoro, e tutto questo non può non farmi piacere anche se alla fine l'obiettivo principale della pellicola è intrigare un pubblico amante di sangue su celluloide, aspetto questo realizzato con grande cura nonostante la relativa 'semplicità' delle uccisioni. Intrigante, per me, è il look 'minimalista' del serial killer, inoltre ho sempre amato la canzone "The Ballad of Harry Warden", purtroppo con audio mozzato nella versione rivista.
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