Regia di Roze vedi scheda film
Una scheggia impazzita di cinema indipendente americano che, su un plot misero, riesce ad imbastire una serie di sorprendenti circostanze horror. Quasi fulciano, per l'insieme di luoghi comuni affrontati e per la crudeltà esposta, accostabile a quella del "teatro di Artaud".
In una piccola cittadina sperduta nel deserto dell'Arizona vive -separata dal marito Dale (Mario Guzma)- la giovane Anna (Gabrielle Stone), assieme alla figlia Joey e al suo nuovo compagno Craighton. Improvvisamente la piccola scompare, mettendo in apprensione Anna che, disperatamente, tenta di rintracciarla. In breve però, tutti i bambini del villaggio spariscono, sino a quando si ripresenta prima Joey (senza lingua) e, a seguire, gli altri ragazzi. Ragazzi che, però, non sono più normali ma sembrano posseduti, sono aggressivi e pericolosi. Che sta accadendo? Joey, con il suo stesso sangue, scrive un nome sul muro: Adramelech. È allora che si mobilita un gruppo di fanatici religiosi, nel tentativo di scacciare le forze del Male.
Questo Roze, regista e sceneggiatore indipendente, non è arrivato con un solo titolo in Italia, pur avendo diretto in precedenza, al netto di svariati cortometraggi, Deadfall trail (assolutamente da recuperare dati gli esiti di Speak no evil) ed in seguito Dead quiet. Ed è un vero peccato perché questo Speak no evil, girato in maniera improvvisata e con un basso budget, sorprende in quanto scheggia impazzita nella cinematografia -anche di serie B- americana. Forte di un plot da omnibus del terrore, Roze -macchina a mano- prende dannatamente sul serio l'insieme di follie che stanno nel suo stesso script. Ci crede veramente, nonostante ogni momento del film faccia supporre trattarsi d'un cortometraggio. Eppure funziona, l'insieme di luoghi comuni (dai bambini killers alla possessione, passando per misteriosi flashes di imperscrutabile origine) sono mescolati tra loro alla moda di un lungo, interminabile, trailer. Non solo il giochino rende, ma addirittura sembra starci qualcosa di geniale, anche se alla fine, e a mente fredda, si intuisce trattarsi di una illusione. Speak no evil sembra quasi uscire -per com'è scritto, girato e montato- dalla penna scatenata del miglior Dardano Sacchetti, quello all'opera per la tetralogia della morte siglata dal grande Lucio Fulci. Come film lo si può certamente criticare in termini negativi ma risolve egregiamente il suo compito, ch'è poi quello di creare una discreta suspense, affiancata alla sorpresa. Che arriva, con un finale cattivissimo, dove a rompere i timpani dello spettatore -per poi ferire al cuore- sono le urla disperate dei bambini condannati ad una orribile morte, proprio appena ritornati normali.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta